Antifascismo, valori che restano attuali

L’antifascismo ha rappresentato, in Italia, la resistenza e il rifiuto nei confronti del regime fascista e delle sue ideologie, che si sono manifestate durante il ventennio fascista tra il 1919 e il 1945.

Questo movimento, eterogeneo e variegato, includeva diverse forze politiche, sociali e culturali che si opponevano al fascismo, sia apertamente che in modo più nascosto. L’antifascismo si concretizzò in diversi modi, dalla resistenza armata all’azione politica, culturale e sociale. Difese i principi democratici, come la libertà di pensiero, la libertà di parola, la libertà di associazione e la separazione dei poteri; si oppose alle violazioni dei diritti umani perpetrate dal regime fascista, come la repressione, la tortura e l’eliminazione fisica; si impegnò a promuovere la giustizia sociale, garantendo che tutti i cittadini avessero gli stessi diritti e opportunità.

L’antifascismo continua ad essere un tema rilevante e attuale ancora oggi, in quanto rappresenta un principio fondamentale per la difesa della democrazia, delle libertà e dei diritti umani. Esso si oppone a qualsiasi forma di autoritarismo, sovranismo, populismo e discriminazione. Pertanto è più che mai vitale e importante, capace di trasmettersi nel tempo, di incontrare nuove generazioni e nuove questioni politiche. Non è possibile pensare che esso sia solo un residuo nostalgico del passato. Libertà, giustizia sociale, uguaglianza sono valori democratici, sono i valori della Costituzione, sono valori antifascisti.

Ma va nel contempo rilevato che la destra italiana i conti col fascismo li ha già fatti fino in fondo quando è nata An. A suo tempo Gianfranco Fini disse che “il fascismo è il male assoluto”. È stato un male perché ha privato gli italiani delle libertà politiche, ha fatto uso della violenza per eliminare gli oppositori, ha cancellato lo stato di diritto, ha sposato il razzismo nazista, collaborando alla deportazione degli ebrei nei campi di sterminio, ha trascinato l’Italia in una guerra sciagurata, causando centinaia di migliaia di vittime. Ma non bisogna abusare del concetto di antifascismo e occorre allontanare qualsiasi strumentalizzazione politica. Va però difesa la nostra democrazia fondata sulla Costituzione nata dall’antifascismo realizzando una democrazia di massa che abbatta non solo le ingiustizie e le disuguaglianze del presente ma contrasti anche le nuove tendenze illiberali dirette a limitare le garanzie e i diritti costituzionali.

Va anche difesa la nostra Costituzione, fondata sulla sovranità popolare, sulla separazione dei poteri, sulla democrazia liberale, sul libero Parlamento, sull’uguaglianza dei diritti e dei doveri, sulla dignità personale e sulla giustizia sociale, sull’autonomia degli organi di garanzia e di controllo e sulle libertà politiche fondamentali. E sono da contrastare quelle riforme come il Premierato, quella della magistratura, quelle della libertà di stampa, delle intercettazioni telefoniche e della Corte dei Conti. I valori dell’antifascismo sono ancora attuali e vanno salvaguardati. Ma bisogna puntualizzare che essi non sono soltanto della sinistra. Non erano di sinistra il generale Raffaele Cadorna, capo militare della Resistenza, il colonnello Montezemolo ucciso alle Ardeatine, il giovane ufficiale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa e la grande maggioranza dei 600 mila internati militari in Germania che rifiutarono di andare a Salò.

Molti liberali si opposero al Duce, come il conte Carlo Sforza, che si dimise da ambasciatore a Parigi, o Benedetto Croce, che dopo un’iniziale adesione già nel 1925 scrisse il Manifesto degli intellettuali antifascisti. Il liberale Giovanni Amendola fu aggredito mortalmente. Le camicie nere perseguirono anche molti cattolici. Aggredirono Piergiorgio Frassati, bastonarono don Luigi Sturzo, assassinarono don Giovanni Minzoni.

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