La città del futuro e le vecchie botteghe

Nei giorni scorsi, il nostro giornale ha ospitato interessanti prese di posizioni di alcuni protagonisti della scena politica e imprenditoriale lecchese. Tema: il futuro della città. Sottotitolo: come gli interventi urbanistici potranno cambiarle pelle. Svolgimento. L’assessore alla partita Giuseppe Rusconi ha sottolineato in particolare l’ormai prossimo arrivo di almeno cinque o sei nuovi hotel in città. Una grande opportunità per alzare il tiro dei numeri e della qualità turistica di Lecco. L’imprenditore (e rappresentante di Federalberghi) Fabio Dadati, dal canto suo, ha sottolineato la necessità che tanto le realtà ricettive tradizionali quanto quelle di nuova generazione si accordino per pianificare adeguate strategie di gestione dei flussi. Un cartello locale, insomma.

Sia come sia, bisogna ammettere che il nuovo corso della ricettività lecchese rappresenta la più grande variazione sul tema dagli anni Ottanta e Novanta, vale a dire dalla progressiva chiusura di diversi e noti impianti industriali e dalla conseguente desertificazione urbanistica di ampie aree cittadine. Qualcuna, ma non tutte, riconvertite poi a residenziale.

Ragionare del futuro della città in questi termini significa senza dubbio saper intercettare le traiettorie più estese e di ampio orizzonte delle dinamiche attualmente in gioco. Sono in fondo le linee di indirizzo che ha citato anche Mauro Gattinoni nel discorso delle benemerenze: i collegamenti diretti con Orio al Serio e la Svizzera, il raccordo tra la Piccola e il Politecnico in un nuovo maxi rione dei giovani e della ricerca.

Ciononostante, chi ha tra le mani il futuro dell’anima di Lecco (non solo la giunta, evidentemente, ma tutte le istituzioni o associazioni che hanno voce in capitolo, e, perché no, i cittadini stessi) farebbe bene a rivolgere lo sguardo anche a tutto ciò che questa città è stata ben prima della gran rumba del turismo. Vale per le piccole imprese artigiane che hanno accompagnato la straordinaria filiera produttiva della trafileria (che ancora oggi fa di Lecco l’architrave nazionale del comparto) e vale, ci sia consentito, per le botteghe.

In effetti, si tratta di un pensiero che si è fatto strada pochi giorni fa, percorrendo via Cairoli e notando con dispiacere la chiusura di una parte dello storico negozio Fumagalli (solo quella relativa ai giocattoli e agli strumenti di didattica per bambini). Un luogo che per diverse generazioni di ragazzini, ben prima dell’avvento del bazar virtuale di Amazon, era l’unico possibile per accaparrarsi oggetti affascinanti e sconosciuti alle tradizionali cartolerie: caleidoscopi, prismi, vecchie mappe scolastiche, kit scientifici e mille altre curiosità.

Non solo, negli ultimi anni si sono susseguite diverse chiusure “di prestigio”. Il ricordo corre ad esempio anche al negozio Ghislanzoni in via Cavour (storico caposaldo dell’abbigliamento sportivo), ma anche a Mangioni nella parte alta della via, oppure a Sormani tessuti, in quel di via Roma. E come non ricordare Peter Pan per la parte giocattoli sotto i portici di piazza XX Settembre, la Fiorita della famiglia Gerosa in via Roma, la boutique “For Kids” e gli abiti da sposa firmati “Atellier di Carla”, di fronte al liceo Grassi. Cognomi come Marai e Peverelli, inoltre, hanno invece fatto la storia dell’artigianato in pellicola. E questo, come detto, solo per citare le chiusure più recenti.

Sono storie quotidiane, volti che hanno segnato il commercio lecchese e reso servizi di qualità a generazioni intere di avventori e clienti. Sono, spesso e volentieri, storie familiari che non hanno poi trovato un prosieguo generazionale, ma le cui vicende rappresentano un fondamentale deposito di memorie e tradizioni. Ovviamente, nessuno invoca condizioni particolari o favoritismi burocratici. Semplicemente, uno sguardo. Capace di unire le visioni macro (che fanno parlare, ad esempio, di un turismo di stampo europeo) alle peculiarità del micro tessuto urbano.

La città che verrà (come ogni tanto si definisce il complesso intrico di varianti urbanistiche e “desiderata” trascritti nelle varie linee di indirizzo pubbliche) dovrà saper unire i nuovi flussi turistici alla micro impresa artigiana, le visioni urbanistiche a largo raggio con la piccola bottega di quartiere.

© RIPRODUZIONE RISERVATA