Putin all’incasso dell’europa debole

La resistenza ucraina rappresenta un tema che continua a dividere sia le forze politiche che l’opinione pubblica.

Fin dall’inizio del conflitto è emersa una curiosa convergenza tra il tradizionale anti-americanismo di matrice vetero-comunista e l’inedito putinismo della destra sovranista che in questi anni ha pudicamente flirtato con lo zar. Dunque, estremismo di sinistra ed estremismo di destra si sono saldati all’insegna di un denominatore comune rappresentato dalla lotta contro la globalizzazione e contro le élite finanziarie che avrebbero alimentato le disuguaglianze sociali erodendo, nel contempo, la sovranità degli Stati.

In Europa tutti sappiamo chi è Vladimir Putin. Sappiamo dei suoi metodi criminali, sappiamo delle brutali repressioni, sappiamo che non perde occasione per influenzare le campagne elettorali dei paesi europei finanziandone partiti e giornali. L’invasione dell’Ucraina si colloca all’interno di una guerra non dichiarata dello zar contro l’Occidente che si fonda sull’uso spregiudicato di tutti gli strumenti di comunicazione (stampa, televisione, social) che si pongono l’obiettivo di destabilizzare i paesi democratici attraverso la diffusione di fake, false inchieste, campagne di discredito mirate. Guerra “ibrida” contro l’Europa e guerra militare contro l’Ucraina costituiscono, pertanto, l’approdo di un percorso che Putin ha costruito programmandone meticolosamente le tappe: dapprima la Cecenia, poi la Georgia, la Crimea e, oggi, l’Ucraina. Queste guerre sono state tutte precedute da una intensa attività di penetrazione della politica e dell’informazione all’interno dell’Occidente che, infatti, contro lo zar, non ha mai mosso un dito. L’esempio della Georgia risulta paradigmatico. Nel 2008 un governo filo-occidentale, eletto democraticamente, chiese di entrare nella Nato.

Come è accaduto oggi con l’Ucraina, la reazione di Putin fu brutale: furono invase l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud adducendo come pretesto la necessità di proteggere la popolazione, a maggioranza russa, dai soprusi del governo georgiano. Nel 2014 l’Occidente fece ancora peggio. Putin insediò in Crimea un governo fantoccio dichiarandone l’indipendenza dall’Ucraina. Si trattò di una guerra lampo che, al di là delle solite dichiarazioni di biasimo, vide l’Europa e gli Usa restare del tutto impotenti. In un quadro internazionale dominato da tre grandi potenze (Usa, Russia e Cina), l’Europa appare priva di identità e di autorevolezza.

Le ragioni di questa fragilità sono molteplici e, tra esse, occorre annoverare il tenace lavoro di indebolimento dell’Unione europea compiuto in questi anni dalle forze populiste che hanno concorso, con ogni mezzo, a complicare il processo di consolidamento della costruzione comunitaria. Vladimir Putin, non è un mistero, ha soffiato per anni sul vento sovranista e oggi sta incassando il dividendo di un’Europa debole e divisa.

Ma oggi l’Europa è obbligata a misurarsi con un altro problema, del tutto inaspettato: il nascente asse tra Usa e Russia. In questo senso, l’avvento di Donald Trump rappresenta una variabile impazzita della storia destinata a incidere in modo drammatico sulle sorti dell’Occidente. L’accordo tra due grandi potenze imperiali, storicamente antagoniste, rappresenta un dato inedito che si fonda sulla profonda ostilità che Putin e Trump nutrono per l’Europa, sia pure per ragioni diverse. Infatti, Vladimir Putin odia l’Europa per i valori che essa rappresenta e per la conseguente capacità di attrazione esercitata sulle vecchie nazioni della ex Unione sovietica. Parimenti, Donald Trump vede nell’Europa un pericoloso competitor commerciale in grado di “fregare gli americani” e di mettere in crisi la stabilità economica e valutaria degli Usa. Il destino dell’Ucraina, pertanto, è segnato. In questo senso, possiamo dire che il negoziato tra Putin e Trump sia solo un espediente per consentire allo zar di consolidare il controllo dei territori conquistati per poi minacciare la conquista di Kiev. Questa strategia obbligherà l’Europa a subire le conseguenze di una resa che rappresenterà una vittoria politica e militare per la Russia e per Putin. Di contro, questo epilogo rappresenterà una sconfitta per gli Usa, ma una vittoria personale di Trump che aveva promesso, fin dall’esordio, la fine del conflitto in cambio di una lauta partecipazione americana alla ricostruzione dell’Ucraina. Il denaro, è questa l’unica preoccupazione di Donald Trump. Putin lo ha capito bene, l’Europa un po’ meno.

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