I risultati elettorali in giro per il mondo segnalano una tendenza che merita attenzione: voto “progressista” nelle grandi città e “conservatore” nella profonda provincia. E’ successo di recente anche in Polonia, con la sconfitta di misura del sindaco di Varsavia e il consenso diffuso del nuovo presidente Nawrocki nei villaggi.
In Italia, vediamo che il centrosinistra vince nei capoluoghi e il centrodestra trionfa spesso appena si scende sotto i 50 mila abitanti. Nell’intero settentrione, tutte le città più grandi, ora anche Genova, sono a guida PD. In Lombardia, culla della Lega, vince a Pavia e Sondrio ma le città più grosse con Sindaco leghista hanno più o meno la dimensione di Treviglio.
Se poi distinguiamo tra centro e periferia delle grandi città, troviamo la destra vincente nei quartieri poveri e debole in quelli alti, con una inversione delle tendenze sociali.
Del resto, Macron sbaraglia tutti a Parigi, la Le Pen vince nel profondo nord. Trump fa strage di voti nell’America sconosciuta e non esiste nella sua New York. Anche la Brexit trionfò non a Londra (inesistente) ma nelle campagne.
Le ragioni sono tante ma una delle chiavi interpretative del fenomeno, soprattutto negli USA, è stata individuata negli eccessi della cosiddetta dottrina “woke” che significa la prevalenza, negli ultimi decenni, del politicamente corretto. Insomma: svegliati cittadino e capisci una volta per tutte che il mondo che a te sembrava normale era razzista, discriminatorio, disuguale. A dirlo non erano gli strati popolari, ma la classe dirigente e così poco alla volta è diventato un’ideologia, sbattuta in faccia addirittura a chi magari quelle stesse questioni le soffre e le subisce, imputandogli paradossalmente la colpa. Chi ha altre priorità da affrontare, (bassi salari, bollette, degrado urbano, delinquenza, la famosa immigrazione) fa fatica a razionalizzare tutto questo. A lungo andare, la cultura woke diventa però quella dei ricchi, delle èlites che possono permettersi certi lussi ideologici. E la sinistra sociale pian piano diventa destra politica e poco importa che i miliardari alla Trump approfittino del potere per fare altri soldi.
All’inizio, quelle woke sembrano posizioni da Golf Club, centellinando un cocktail a bordo piscina, ma poco alla volta si arriva ad un vero punto di rottura. Dilaga la cancel colture, che riscrive la Storia senza contestualizzarla, e allora giù le statue di Colombo, noto sterminatore di indiani, o quelle di Churchill, terribile colonialista o del fondatore della democrazia liberale, Jefferson, accusato di schiavismo. Omero celebrava la violenza, l’autrice di Harry Potter è accusata di transfobia, nella Divina Commedia c’è persecuzione degli omosessuali, Romeo è quasi un pedofilo nel suo amore per Giulietta. Si salva a malapena la Bibbia.
Insomma, si è esagerato un bel po’ e ora si cade nell’esagerazione opposta. Dopo anni di ambientalismo ideologico, ad esempio, c’è ora un riflusso pericoloso. Greta non conta più niente. A Bergamo la questione del linguaggio inclusivo è entrato persino nell’approvazione del regolamento del PRG.
Ad andarne di mezzo sono spesso i diritti, troppo esaltati prima, vilipesi poi. I beneficiari di questa rivincita culturale reagiscono interpretando il voto come la licenza per fare qualsiasi cosa senza controlli. La sicurezza, ad esempio, non è più un problema bipartisan ma ostentazione di cattivismo (aumentare le pene, inventare nuovi reati, non risolvere i problemi a monte), terreno di propaganda a favore o contro.
Ci vorrebbe un nuovo equilibrio, che salvi i diritti acquisiti e le conquiste, e recuperi quello che è oggi più a rischio populista, lo stato di diritto. La libertà a Brusca non piace a nessuno, ma è rispetto della legge (che poi fu voluta da Falcone).
Onestamente la provincia, la periferia non possono essere rappresentati come luoghi retrogradi quando votano a destra, perché se mai c’è del sano buon senso nel rigettare lo snobismo di chi te lo fa pesare anche con una certa arroganza.
In tempi per di più di guerra, la conciliazione sociale, la capacità di trovare convergenze è un urgente dovere, purtroppo non praticabile con una campagna elettorale permanente.
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