Riforma dell’edilizia e territorio da curare

Il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge delega al Governo per l’adozione del Codice dell’edilizia e delle costruzioni.

Entro un anno l’esecutivo dovrà riscrivere le norme sul testo unico dell’edilizia del 2001, aggiornandole dopo più di vent’anni di attesa. “Offriamo all’Italia regole più chiare e certe, tagliando la burocrazia” ha detto il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. E il ministro per le Riforme Elisabetta Casellati ha dichiarato che la legge “è un passo determinante per rendere l’edilizia più efficiente e più trasparente”.

Le opposizioni, invece, sono critiche. Angelo Bonelli, deputato di Avs, afferma che “il testo sull’edilizia è un golpe contro il territorio: è il via libera alle speculazioni edilizie e immobiliari delle città italiane”. I deputati della Lega replicano che “che non ci sarà nessun condono permanente e nessun assalto al territorio”, visto che “la riforma ha l’obiettivo di razionalizzare le procedure e chiudere pratiche ferme da decenni”.

Da Confindustria, Assoimmobiliare, Confedilizia e Ance arrivano giudizi positivi. Confcooperative Habitat sottolinea la necessità di “superare la babele di strumenti e sigle che variano spesso tra un comune e un altro”. Si tratta di riscrivere norme sull’edilizia, che sono giudicate non più al passo con i tempi e che non tengono conto che del fatto che nel frattempo le Regioni hanno ottenuto la “competenza concorrente” sulla materia e che quindi spesso succede che ci sia difformità tra le norme regionali e quelle statali.

Il disegno di legge non prevede condoni ma sanatorie, avendo come limite la data del 1° settembre 1967, giorno di entrata in vigore della “Legge Ponte” che ha introdotto l’obbligo di licenza edilizia in tutto il territorio nazionale. Lo scopo dichiarato è di rendere commerciabili, tramite una sanatoria di costo proporzionale agli abusi, abitazioni con difformità non gravi rispetto agli standard attuali. I tempi richiesti per l’accoglimento delle domande di sanatorie saranno piuttosto rapidi, in quanto trascorsi i termini senza risposta le istanze si intendono accolte in base al “silenzio assenso”, eccetto gli immobili di interesse storico, artistico e architettonico, per i quali è previsto il nulla osta della sovrintendenza competente.

Attualmente sono anche in discussione emendamenti alla legge di Bilancio 2026 che potrebbero introdurre nuove misure di sanatoria e condono riguardanti la regolarizzazione di abusi commessi entro il 30 settembre 2025. La distinzione tra condono e sanatoria è importante perché mentre il primo perdona gli abusi la seconda permette di regolarizzare con il pagamento di una sanzione. In Italia ci sono stati tre condoni edilizi principali.

Il primo con legge 47/1985, che consentiva la regolarizzazione di opere abusive realizzate entro il 1° ottobre 1983; Il secondo con legge 724/1994, che aveva come limite temporale la data di approvazione della legge; il terzo con legge 3262003, che riguardava abusi commessi entro il 31 marzo 2003. Tutte le domande di condono presentate sono state 15.431.707, di cui tuttora inevase sono 4,2 milioni di richieste. L’ammontare dei condoni edilizi che non risulta incassato dall’Erario è di ben 19 miliardi di euro, mentre è stato speso in oneri di urbanizzazione (trasporti, fognature, illuminazione) la somma di 48 miliardi di euro.

Comunque, va rilevato che il ciclo dei perdoni fiscali non finisce mai, tra rottamazioni, paci fiscali, concordati, fiscali e edilizi (almeno venti interventi tra rottamazioni, ravvedimenti e sconti). Ciò non scoraggia certo il verificarsi di futuri abusi.

Anche se il ministro Nello Musumeci ha dichiarato che si tratta di una sanatoria di piccoli abusi nei limiti del quadro previsto dalla legge ed ha assicurato che le zone sismiche saranno garantite. Speriamo bene perché il nostro territorio va salvaguardato dato che per il 94% è a rischio geologico e per il 70% è a rischio sismico.

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