Sicurezza, nuovi reati e bagarre in senato

Il Senato trasformato in un ring: urla, spintoni, accostamenti pericolosi, una spalla lussata e qualche parlamentare al pronto soccorso. Poi persino un sit in di protesta al centro dell’emiciclo di Palazzo Madama inscenato da senatori dell’opposizione seduti per terra sulla moquette, spalle al governo e alla presidenza, i maschi senza giacca e con le cravatte allentate…

Tutto è successo nelle ore dell’approvazione definitiva del decreto Sicurezza approvato dal Consiglio dei ministri al posto di un disegno di legge che si era arenato anche per i non pochi rilievi fatti dal Quirinale nella discreta fase di confronto tra gli uffici legislativi di palazzo Chigi e della Presidenza della Repubblica.

Tutto è successo nelle ore dell’approvazione definitiva del decreto Sicurezza approvato dal Consiglio dei ministri al posto di un disegno di legge che si era arenato anche per i non pochi rilievi fatti dal Quirinale nella discreta fase di confronto tra gli uffici legislativi di palazzo Chigi e della Presidenza della Repubblica.

Per sveltire il tutto, il governo ha deciso di recepire i rilievi del Colle e varare in fretta un decreto d’urgenza sulla cui conversione in legge ha posto la fiducia sia alla Camera che al Senato facendo così cadere tutti gli emendamenti delle minoranze.

E qui è scoppiata la prima polemica da parte delle opposizioni: «Non si istituiscono nuovi reati con la fiducia - è sbottato Carlo Calenda - perché si tratta di norme che vanno a toccare la libertà personale dei cittadini e il Parlamento ha il diritto di discuterne». Ma se la polemica dei centristi è sembrata concentrarsi più sul metodo che sul merito (Renzi per esempio è tornato sul caso del centro per migranti illegali in Albania che il governo non riesce a far funzionare per via degli ostacoli posti dai giudici), da parte della sinistra del Pd e di Avs l’attacco è stato fatto in nome dei principi: secondo quei partiti infatti il governo Meloni con la nuova normativa opera un giro di vite sulle libertà costituzionali perché ha un’idea della sicurezza «vicina a quella dell’Ungheria» che colpisce la contestazione e il dissenso.

Nel mirino soprattutto i nuovi reati e le aggravanti introdotti per colpire le manifestazioni contro le opere pubbliche (caso: i no Tav e i no Ponte), i sit in degli ecologisti radicali che spesso bloccano le strade e danneggiano siti istituzionali con la vernice o altri liquidi. Ma anche le aggravanti contro le rivolte nelle carceri, le occupazioni abusive delle case, i reati commessi nelle stazioni ferroviarie, nelle metropolitane e negli aeroporti e in particolare quelli che vedono protagoniste le giovanissime rom che borseggiano i passeggeri e che finora non potevano essere arrestate perché generalmente incinte e madri di numerosi figli.Questa ultima questione in particolare ha fatto esplodere l’aula quando un senatore di FdI ha detto che «donne che si fanno mettere incinte per rubare senza essere arrestate, non sono degne di fare figli» e, così stando le cose, «per i loro figli magari è più sicuro stare in carcere che in case di gente che li mette al mondo per rubare».

E lì è scoppiato il finimondo. Ma nulla ancora di paragonabile quando un altro parlamentare meloniano, il presidente della Commissione Affari costituzionali Balboni, ha accusato la sinistra di essere più vicina «alla criminalità organizzata e alle mafie che alla povera gente» che subisce i reati che la legge vuole colpire. A quel punto è scoppiata la vera baraonda, il sit in e la sospensione dei lavori dell’aula disposta dal presidente La Russa. Infine il voto: 109 sì e 69 no. Ultima problematica fonte di tensione, i nuovi poteri (e immunità) riconosciuti ai servizi di sicurezza in funzione anti-terrorismo e la tutela legale per i poliziotti per azioni compiute nell’esercizio delle loro funzioni (anche non in servizio).

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