Il disegno di unire politicamente l’Europa, nato in conseguenza della caduta dei regimi totalitari d’Occidente, si è sensibilmente rafforzato a seguito della minaccia del comunismo.
Il progetto europeo originario, tuttavia, non è scaturito da un movimento democratico, né dalla mobilitazione popolare intorno a un organo costituente. È piuttosto nato grazie a tre forze: l’azione di governanti illuminati, da Adenauer a Kohl, da De Gasperi a Schumann e Mitterrand; l’ispirazione di politici anomali quali Monnet, Spinelli, Delors e altri; l’adesione profonda dei cittadini europei usciti da due tragiche guerre mondiali.
Possiamo oggi ben dire che il vero evento rivoluzionario del secolo scorso, messo peraltro recentemente in evidenza da Roberto Benigni nel corso di una sua strepitosa performance televisiva, sia stato la creazione di poteri sovrannazionali in quella parte del mondo dove lo Stato nazionale era nato. È stata una rivoluzione lenta, ma rivoluzione è stata, perché capace di trasformare in modo durevole la configurazione del potere e di imprimere una svolta al corso della storia. Eppure, per quanto rilevante sia stata l’opera fin qui realizzata, l’Unione europea appare a tutti noi chiaramente incompiuta. Vi è incompiutezza sul piano delle “competenze”, perché all’Unione manca ancora la più fondamentale azione di governo: dare ai cittadini la sicurezza interna ed esterna.
Su questi aspetti si sta finalmente cercando di trovare soluzioni concrete - pensando alla necessità di creare in qualche modo una difesa militare comune - sulla spinta dei tragici eventi determinati dall’invasione russa dell’Ucraina. Eventi che hanno visto l’Europa quasi totalmente unita nel fornire sostegno alla coraggiosa difesa dell’esercito ucraino che, è bene ricordarlo, avrebbe ottenuto risultati ben più limitati senza il determinante intervento da parte degli Stati Uniti. Vi è, inoltre, incompiutezza “istituzionale”. L’Unione europea, infatti, che è pure un sistema costituzionale completo di tutti i suoi organi - un Esecutivo (la Commissione), un Parlamento eletto, una Camera degli Stati (il Consiglio dei Capi di Stato), una Corte di Giustizia - ancora non applica con pienezza i principi fondamentali che sono il patrimonio della civiltà politica occidentale: la decisione a maggioranza, l’ancoraggio al voto popolare dell’esecutivo e del legislativo, l’equilibrio dei poteri.
Con il diffondersi di sovranismi più o meno accentuati e con la crescita di destre estreme dichiaratamente xenofobe, appare sempre più tangibile il rischio che i singoli Stati usino il loro assetto democratico interno quale argomento su cui fare leva per negare all’Unione le competenze che ancora le mancano. In questo nuovo scenario il governo italiano, a causa delle marcate e malcelate differenti posizioni dei partiti che lo compongono, è ben lontano dal poter svolgere un ruolo propulsivo. La premier Meloni, che in più occasioni ha evidenziato una sua visione europeista, anche se non ancora rappresentata con la dovuta nitidezza, può contare sull’appoggio di Forza Italia, il cui leader Antonio Tajani ha vissuto una lunga esperienza in ambito europeo.
Si trova però a dover fare i conti con le estemporanee sortire del “patriota” Matteo Salvini, che in più occasione ha messo in evidenza le debolezze europee, senza avere l’audacia e, soprattutto, la convenienza di fare completamente emergere il suo desiderio di vedere implodere definitivamente il progetto europeo. Salvini appare ormai lontano anni luce dall’ideologo della Lega, Gianfranco Miglio, che nella sua organica e per molti versi condivisibile riforma costituzionale prefigurava un’Italia federale in un’Europa federale.A un uomo di cultura come Miglio non poteva sfuggire che l’Italia è stato il Paese federatore dell’Europa. Lo è stato non solo per l’impegno e per l’abilità con cui hanno operato in questo campo uomini di governo di partiti e generazioni diverse, ma anche perché l’Italia ha dato all’Europa un apporto che manca ad altre nazioni: la sua profonda tradizione di universalismo. Quello classico romano e quello religioso cattolico, insieme alle aperture europee che ne percorrono tutta la storia, fino al Risorgimento.
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