Dal minibasket Mandello all’NBA: il volo di Saliou Niang

Tra i primi ad accompagnarlo nel suo percorso l’allenatore Marco Bugana: «Sarò sempre il suo primo tifoso». A tifare per lui anche Luca Fagetti della Polisportiva: «Tutto ciò che ha ottenuto se l’è guadagnato con il lavoro. Per noi è un onore»

Mandello

Ha iniziato come tanti bambini del territorio, tra i calci al pallone nei campi polverosi e tiri in canestri sgangherati all’oratorio di Mandello, e poi sul campo del CRAL. Era bravo sia coi piedi che con le mani ma, per fortuna, l’amore per la palla rimbalzante ha prevalso.

Chi si ricorda del giovane Saliou Niang ai tempi del minibasket, lo rammenta come un talento molto precoce, giocatore dinoccolato con un fisico magro magro e le gambe lunghissime. Il fratello Ibrahim, classe 1986, stava puntando ai due metri - adesso è 206 cm - e quindi si ipotizzava che anche il fratellino avrebbe potuto crescere. Ma oltre al fisico, quello che restava impresso del giovane cestista era l’atteggiamento, sempre propositivo e sorridente, un compagno benvoluto da tutti, che non faceva pesare agli altri la sua superiorità.

Chi ha condiviso un bel pezzo di strada con lui è stato coach Marco Bugana. «Ho avuto il privilegio di allenare Saliou per quattro anni tra Mandello, Lecco e Fortitudo Bologna. Abbiamo condiviso i primi passi importanti: io da giovane allenatore, lui da giovane talento. Ci hanno spesso paragonato, ed è stato un percorso fatto di crescita, impegno e passione. Saliou si è sempre allenato con il sorriso, affrontando ogni sfida con serietà, attenzione e grande voglia di migliorare. Questo non è un punto di arrivo, ma un nuovo inizio, da ora si alza l’asticella. Ha allenatori di livello e un entourage che lo sostiene al massimo. Ma soprattutto ha una famiglia che gli vuole bene, e sono felice per tutti loro. Gli auguro il meglio. Sono, e sarò sempre, il suo primo tifoso».

Un altro grande fan dell’ala è Luca Fagetti, attuale presidente della sezione basket della Polisportiva. «Saliou l’ho vissuto da “collega” perché ai tempi giocavo ancora- ricorda - sono contento per lui e per tutti gli sforzi che ha fatto perché non gli è stato regalato nulla, tutto quello che ha ottenuto l’ha meritato con lavoro e impegno. Per noi è un onore che abbia vestito la nostra divisa, gli auguro il meglio».

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