Turismo a Lecco: «Nuovi alberghi? Da soli non bastano»

Dadati (Camera di Commercio): «L’arrivo di sei nuove strutture sconvolgerà la città. Bisogna puntare su un centro congressi e sul nuovo stadio»

Lecco

Nei prossimi anni a Lecco apriranno sei nuovi alberghi. Un dato impressionante, destinato a raddoppiare l’offerta ricettiva attuale, con circa cinquecento nuove camere e fino a un migliaio di posti letto complessivi. Fra di loro ci sono anche catene internazionali che se hanno deciso di investire, hanno fatto bene i loro conti.

Secondo Giuseppe Rusconi, assessore allo sviluppo urbano del Comune di Lecco si tratta di una grande opportunità per trasformare la nostra città e aprirla a un futuro più europeo.

Fabio Dadati, imprenditore turistico lecchese, membro di Federalberghi e rappresentante di categoria nella giunta della Camera di Commercio di Lecco e Como insieme alle opportunità bisogna anche tener conto dei rischi: «Se la città rimane così com’è – avverte - rischiamo una grande crisi nel settore».

Il punto non è contestare l’arrivo delle nuove strutture, ma capire come la città sarà in grado di accoglierle. Dadati parla di “saldo positivo possibile” solo a una condizione: «Bisogna fare cose nuove, altrimenti sarà una concorrenza distruttiva. Solo se ci muoviamo insieme questa può diventare davvero un’occasione per fare un salto di qualità».

Il riferimento è a due interventi ritenuti strategici. Il primo è il centro congressi alla Piccola, pensato per ospitare grandi eventi, spettacoli e conferenze da tremila posti. «Sarebbe una struttura capace di alimentare i grandi alberghi che stanno arrivando», spiega Dadati. «Un polo collegato alla superstrada, con parcheggi e servizi: è quello che serve per non vivere solo di turismo temporaneo».

Il secondo tassello è il nuovo stadio, progetto avanzato da professionisti locali e presentato nelle scorse settimane. Una struttura moderna, multifunzionale, capace di ospitare non solo sport ma anche eventi, ristorazione, spazi congressuali e iniziative permanenti. «È la direzione che stanno prendendo molte città italiane ed europee», sottolinea Dadati. «Oggi uno stadio è un luogo di incontro e di reddito, non un recinto sportivo».

L’idea di fondo resta una: evitare che il turismo diventi un fenomeno incontrollato, capace di modificare l’identità urbana. «Il rischio è che Lecco diventi una Disneyland», dice senza giri di parole. «Una città senza direzione, invasa dai visitatori ma svuotata della vita dei suoi cittadini».

Dadati insiste sulla necessità di una strategia condivisa: istituzioni, operatori e cittadini. «Non si tratta di fermare nulla – conclude - gli alberghi arriveranno comunque. La domanda vera è: chi decide il futuro della città? Se saremo capaci di costruire un modello, il turismo sarà una ricchezza. Se ci limitiamo a subirlo, invece, ne pagheremo il prezzo».

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