A Moggio la fiaccolata per ricordare Thomas: «Ci hai lasciato troppo presto»
La comunità si stringe attorno alla famiglia del 29enne colombiano Thomas Díaz Ledesma, morto in seguito alla caduta di un elicottero a Lanzada, dov’era impegnato in lavori di disgaggio. Cordoglio dai colleghi e dall’azienda. Disposta l’autopsia.
Moggio
«Non si spegne un ricordo». Il saluto a Thomas Díaz Ledesma, 29 anni, originario di Medellin in Colombia, residente a Valmadrera, che giovedì mattina ha perso la vita nell’incidente aereo di Lanzada, dove da una decina di giorni era impegnato con alcuni colleghi di una ditta edile acrobatica del Lecchese per lavori di disgaggio dopo la frana dell’11 novembre, è stato commovente da parte della comunità della Valsassina.
«Thommy ci hai lasciato troppo presto», una delle tante voci che si sono alzate al cielo nella fiaccolata partita alle 20.45 dal campetto sportivo dell’oratorio di Moggio.
Il freddo pungente di dicembre non ha fermato nessuno. In tantissimi, volti giovani e adulti segnati da incredulità e affetto, si sono stretti per ricordare Thomas Díaz Ledesma, il giovane morto in un drammatico incidente sul lavoro. Si apprestava a recuperare l’attrezzatura, essendo il loro ultimo giorno di lavoro in quanto l’intervento era stato completato, quando l’elicottero condotto dal pilota Maurizio Folini, 60 anni, di Chiuro, quello dei salvataggi estremi degli alpinisti anche sull’Himalaya, è all’improvviso precipitato. C’è stato un abbraccio collettivo alla famiglia, alla sorella e agli amici tra loro, un tentativo di trattenere ancora a sé quel ragazzo che se ne è andato troppo presto.
Un saluto che ha attraversato la valle, mettendo accanto chi lo aveva conosciuto da bambino, chi lo aveva incontrato tra i banchi di scuola in paese, chi lo aveva incrociato lungo i sentieri della vita adulta e chi, semplicemente, aveva condiviso con lui il ritmo quotidiano del lavoro.
Tutti lì a custodire un ricordo che non si vuole arrendere al silenzio.
Ci si è ritrovati nel cuore di Moggio, vicino all’oratorio, quel luogo dove Thomas ha trascorso parte della sua infanzia, dopo l’arrivo in Italia dalla Colombia. Il parroco, don Agostino Briccola, ha aperto la commemorazione provando con dolcezza a dar voce al dolore: «Non esistono vivi o morti, esistono solo persone che vivono di qua e persone che vivono di là».
Nelle sue parole c’era tutta la sofferenza di una comunità che si scopre fragile, chiamata a fare i conti con ciò che è ingiusto e irreparabile. «Di fronte a queste ferite – ha proseguito il sacerdote – non resta che aggrapparsi al bene che abbiamo donato e ricevuto». Accanto alla famiglia, erano presenti molti appartenenti alla comunità colombiana, che negli anni è diventata appoggio e sostegno reciproco.
A loro hanno risposto gli amici d’infanzia, quelli delle prime scorribande, delle risate gratuite, di un tempo dove bastava tenersi per mano e ridere insieme. In tanti ricordano Thomas tenace, «anche quando si faceva difficile, con quello slancio che appartiene a chi ama la vita profondamente e la vuole sentire sulla pelle».
Poi le fiaccole, accese una dopo l’altra, a seguire la carovana in silenzio commosso per le vie del centro, fino al piazzale dove ognuno ha deposto luce (con i lumini) e preghiera ai piedi della foto di Thomas.
Lì, spontaneamente, i ricordi si sono intrecciati: chi lo ha visto arrivare stanco e sorridente all’alba per andare a lavorare, chi ricorda la follia bella delle partenze improvvise «per andare a fare colazione a St. Moritz, in Svizzera», chi con lui ha condiviso avventure, pazzie, ma anche timori, speranze e traguardi. «Era pienamente consapevole dei rischi che correva nel fare il suo lavoro, ma felice al pensiero di avere contribuito a mettere in sicurezza un territorio dal rischio di nuove frane», ha detto Manuel.
I colleghi hanno portato il loro abbraccio, il loro cordoglio e il cordoglio dell’azienda per cui Thomas lavorava, raccontando di quel lavoro difficile e impegnativo che da un anno occupava le sue giornate, e che «sotto sotto lui amava».
I parenti hanno ringraziato per i tanti volti amici, per la presenza e la vicinanza. Tutti sono rimasti fino all’ultimo, nessuno voleva andarsene, quasi come se allontanarsi fosse dire, ancora troppo presto, un addio che nessuno voleva pronunciare.
Intanto l’inchiesta della Procura di Sondrio prosegue per fare piena luce sull’accaduto. La carcassa dell’elicottero, nelle ultime ore, è stata recuperata sul pendio della montagna da un’azienda specializzata, mentre domani all’obitorio dell’ospedale di Sondrio il patologo Luca Tajana svolgerà l’autopsia disposta dai magistrati Piero Basilone e Stefano Latorre.
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