Cronaca / Sondrio e cintura
Giovedì 11 Dicembre 2025
Ghiacciai, Ventina in crisi: “Fronte ritirata di 1,8 km”
Presentato il report finale de “La Carovana dei ghiacciai” 2025 di Legambiente. Crolli e distacchi frequenti: per il gigante bianco malenco già si parla di “forte regresso”.
Chiesa in Valmalenco
Che la situazione non fosse delle migliori lo si era capito subito ad agosto, durante la salita ai piedi del Ventina, in alta Valmalenco. Con la pubblicazione del report della sesta edizione de “La Carovana dei ghiacciai” ora c’è anche la conferma: il gigante bianco preso in esame fin dal 1897 da Luigi Marson sta attraversando una fase di «forte regresso». Non serve nemmeno andare troppo indietro nel tempo per rendersene conto. L’immagine del 1981 del glaciologo Claudio Smiraglia, altro grande studioso che ha dedicato – e tuttora dedica – tanto tempo allo studio del ghiacciaio malenco, mostra una situazione diametralmente differente: laddove un tempo la superficie era quasi esclusivamente bianca, oggi c’è solo il grigio della roccia. Al più, il verde della vegetazione, che negli ultimi anni si è portata a livelli quasi inimmaginabili.
La campagna di Legambiente, in collaborazione con Cipra Italia e con il Comitato glaciologico italiano, ancora una volta ha portato alla luce quello che è ormai un dato di fatto: i ghiacciai alpini stanno attraversando una fase terribile, in primis a causa delle temperature sempre più alte. Basti pensare che «l’estate europea del 2025 è stata la quarta più calda di sempre, considerando l’intero continente», come spiegano nel report dell’associazione ambientalista. Gli effetti sulle Alpi sono, purtroppo, evidenti: un territorio sempre più fragile e in sofferenza, ormai privato in maniera significativa della massa glaciale che un tempo – anche da noi – dominava le cime.
«Dal 2000 – spiegano da Legambiente – il riscaldamento globale ha accelerato la perdita di migliaia di ghiacciai. Se in un primo momento a scomparire erano soprattutto i ghiacciai più piccoli e isolati, oggi la crisi climatica sta compromettendo anche grandi apparati glaciali, spesso fondamentali per le comunità umane dal punto di vista culturale, economico e ambientale». Sì, perché i fattori da tenere in considerazione sono davvero tanti. La Carovana dei ghiacciai, nel corso dell’ultima estate, ha attraversato tre Paesi alpini, monitorando da vicino otto giganti bianchi particolarmente significativi. «Dal maestoso “Re delle Alpi”, l’Aletsch in Svizzera, al Ventina in Lombardia, ormai non più misurabile alla fronte, fino ai ghiacciai della Zugspitze in Germania, dove il permafrost è destinato a scomparire entro i prossimi cinquant’anni».
I dati
Insomma, i campanelli d’allarme sono molti e sono evidenti. Tornando al caso del ghiacciaio malenco, «rispetto alla posizione che la fronte aveva quando venne misurata da Marson 130 anni fa, il ritiro attuale è di 1.800 metri, dei quali 400 solo negli ultimi dieci anni». 431, per l’esattezza, pari a quattro campi da calcio completamente scomparsi. E 191 metri sono andati in fumo soltanto dal 2021 alla scorsa estate. Un’accelerata incredibile, misurata in maniera costante dal Servizio glaciologico lombardo, autore anche del sentiero “Vittorio Sella” inaugurato nel 1992 e pensato per mostrare le tappe di regressione, dalla Piccola età glaciale di metà Ottocento fino ai giorni nostri.
Un monitoraggio continuo, si diceva, che però quest’anno – almeno dal punto di vista tradizionale – ha subìto una battuta d’arresto. Per quanto riguarda le misurazioni, infatti, «il 2025 segna il primo anno in cui l’operatore Mattia Gussoni ha dovuto rinunciare per motivi di sicurezza», spiegano in proposito da Legambiente. «L’accelerazione del ritiro e la perdita di spessore del ghiacciaio di questi ultimi anni non hanno di per sé complicato eccessivamente l’accesso alla fronte glaciale, ma lo hanno reso molto più esposto al pericolo costituito dai crolli di roccia provenienti dal versante occidentale del Pizzo Rachele e dal rotolamento di blocchi dai fianchi interni delle morene laterali».
Inoltre, «lo scenario della valle del Ghiacciaio della Ventina è stato recentemente segnato (27 agosto 2023) dagli effetti che si hanno quando le precipitazioni concentrate degli eventi estremi – peraltro sempre più frequenti – cadono su un ambiente in cui all’inesauribile disponibilità di depositi glaciali da erodere e da mobilizzare come trasporto solido dei flussi si aggiunge quella sempre maggiore, negli ultimi anni, dei depositi gravitativi risultanti dalle dinamiche di versante innescate dalla deglaciazione e dalla degradazione del permafrost». Tale colata detritica, «che si è innescata nei pressi della fronte, ha vistosamente sovralluvionato la piana dell’Alpe Ventina e, raggiungendo il fondovalle principale, ha distrutto alcuni ponti sul Torrente Malenco nei pressi di Chiareggio».
La storia
E allora quali sono le speranze? C’è la possibilità di fare qualcosa per arginare quello che – al momento – appare come un declino inevitabile? La storia attesta che tra la seconda metà degli anni Settanta e la prima degli anni Novanta c’è stata una leggera inversione di tendenza, per cui nulla è davvero perduto. Mai come oggi, però, occorre «lavorare sui piani di mitigazione e di adattamento», spiegano sempre da Legambiente. Temi e proposte – questi – portati in primo piano anche questa estate con le tappe della “Carovana” e che sono anche «al centro del Manifesto europeo per una governance dei ghiacciai e delle risorse connesse» promosso dall’associazione insieme ad altre realtà, tra cui anche il Cai, e sottoscritto da oltre 80 soggetti tra associazioni, enti di ricerca e istituzioni nazionali e internazionali. Non c’è tempo da perdere.
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