Cronaca / Tirano e Alta valle
Mercoledì 10 Dicembre 2025
Gli ortopedici del Niguarda non vogliono più lavorare in Valtellina
Ortopedici pronti alle dimissioni pur di non andare al Morelli e a Livigno. I sindacati denunciano disagi e criticità nella gestione del personale tra Milano e la Valtellina.
Sondalo
Se da un lato l’asse «Niguarda-Morelli» sembra rinsaldarsi sempre più e non solo in chiave olimpica, dall’altro l’andirivieni di medici e di infermieri da Milano alla Valtellina in atto dal 2024 qualche grattacapo lo sta producendo.
In particolare, a non voler affrontare la trasferta prevista per contratto sono i medici ortopedici e il personale dell’Ortopedia del Niguarda e, sul punto, si sono espressi con forza a lavoro favore anche i rappresentanti sindacali della Funzione pubblica regionale della Cgil e di Nursing up, con riguardo al personale infermieristico.
La vicenda è stata sollevata in un articolo firmato da Marta Bravi sulle pagine della cronaca di Milano de «il Giornale», in cui si narra della presa di posizione degli ortopedici del primo ospedale d’Italia decisi a dimettersi pur di non prestare ulteriormente servizio al Morelli e di non doversi recare a Livigno per gestire tutta la parte ortopedica della Casa della sanità e quella in capo ai poliambulatori olimpici.
Sia da Asst Grande ospedale metropolitano Niguarda di Milano, sia da Asst Valtellina e Alto Lario, da noi interpellate, non è stato possibile avere ulteriori ragguagli, fermo restando che, ormai, siamo in presenza di una collaborazione talmente ferrea da non poter essere facilmente «smontabile».
Niguarda, in pratica, mette a bando posti per dirigenti medici ed infermieri che, già da contratto, sono chiamati a prestare il 50% del servizio a Milano ed il 50% in Valtellina dove sono trasportati gratuitamente con pulmino messo a disposizione da Cancro Primo aiuto che dal febbraio 2024 ha già percorso 56mila chilometri con 252 medici trasportati fra radiologi, cardiologi, medici di emergenza e urgenza, e ortopedici. Professionisti che restano a dormire in foresteria a Sondalo o a Sondrio, hanno il vitto assicurato, un tot extra all’ora se eccedono il turno di sette ore al giorno, e, fra i benefit, ci sono anche lo skipass gratuito e l’ingresso alle terme di Bormio.
Ad oggi tutto sembrava funzionare senza intoppi, ma, evidentemente, non sono tutte rose e fiori.
«Non è un mistero, né una novità, che i medici dal Niguarda non facciano i salti di gioia a venire a lavorare in Valtellina – dice Michela Turcatti, segretaria della Funzione pubblica Cgil di Sondrio –. Da tempo, assistiamo a una costante fuga di personale, medico e non solo, e cercare ora di attrarre figure (o costringere), anche a fronte di riconoscimenti economici e/o benefit non basta.
Il tema della distanza e della viabilità è cruciale. La difficoltà nel raggiungere la nostra provincia, e ancor più le zone che saranno interessate dai giochi olimpici, assume toni sempre più complessi. Sono note le criticità legate al trasporto ferroviario, con ritardi e cancellazioni. A ciò si aggiunge una rete stradale con cantieri aperti ovunque, quotidiane interruzioni della circolazione, ore e ore per percorrere tratti di strada. Le perplessità di un’operazione di questo tipo, ovvero trasferimenti di personale dal Niguarda all’Asst Valtellina e Alto Lario, ci avevano preoccupati fin dal principio. Gli stessi medici interni hanno più volte lanciato campanelli d’allarme, anche date le condizioni e i carichi di lavoro che quotidianamente devono sopportare a causa di una ormai cronica carenza di personale. D’altro canto, da parte dei medici del Niguarda, è evidente che gli stessi rivendichino di far valere condizioni contrattuali e diritti che nessuno può immaginare vengano sacrificati nel nome dell’evento olimpico. Siamo preoccupati, perché ammesso che durante i giochi le coperture vengano garantite, quel che si chiedono i valtellinesi è che cosa sarà della nostra sanità pubblica dopo le Olimpiadi. Perché i giochi finiranno, ma i problemi di salute no».
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