Calo demografico, a Sondrio previsti seimila lavoratori in meno in 10 anni

Sondrio

Mercato del lavoro in difficoltà nel trovare le figure professionali necessarie, le proiezioni demografiche gettano pesanti ombre sulla tenuta del sistema Italia. Secondo l’analisi realizzata dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre sulla base delle previsioni demografiche dell’Istat, tra dieci anni ci saranno 3 milioni di persone in età lavorativa in meno a livello nazionale con un calo del 7,8%.

Un dato che per la provincia di Sondrio si traduce in una riduzione di 6.126 unità, pari al 5,5% in meno, dunque un po’ meglio che a livello nazionale. La popolazione tra i 15 e i 64 anni passerà infatti dagli attuali 112.093 a 105.967. In provincia di Lecco il calo sarà del 5,3% passando da 209.243 a 198.200 con 11.043 unità in meno.

La riduzione è attribuibile al progressivo invecchiamento della popolazione: con un numero sempre più risicato di giovani e un consistente gruppo di baby boomer prossimo all’uscita dal mercato del lavoro per raggiunti limiti d’età, l’Italia rischia lo “spopolamento” della coorte anagrafica potenzialmente occupabile.

Un fenomeno destinato a colpire indistintamente, pur nelle differenze territoriali, tutto il Paese nel suo complesso. Secondo l’analisi della Cgia, infatti, tutte le 107 province italiane registreranno entro il prossimo decennio una variazione assoluta negativa. Cosa che se, insieme al declino demografico, si considera l’instabilità geopolitica, la transizione energetica e quella digitale, si tradurrà in contraccolpi molto preoccupanti nei prossimi anni per le imprese. La difficoltà, ad esempio, nel reperire giovani lavoratori da inserire nelle aziende artigiane, commerciali o industriali è un problema sentito già oggi – il mismatch tra domanda e offerta ion provincia di Sondrio è costantemente sopra il 50% -, c’è da immaginare cosa accadrà tra un decennio.

La Cgia di Mestre sottolinea che «chi spera in un’inversione del trend demografico rischia di rimanere deluso, poiché non esistono misure efficaci in grado di modificare questa tendenza in tempi ragionevolmente brevi. Inoltre, nemmeno il ricorso alla manodopera straniera potrà risolvere completamente la situazione».

La conseguenza è doversi preparare a un progressivo rallentamento del Pil. Senza contare che una società con una popolazione sempre più anziana dovrà affrontare un aumento rilevante della spesa previdenziale, sanitaria e assistenziale, con implicazioni negative anche sui conti pubblici.

Per quanto riguarda le imprese, le più penalizzate saranno le più piccole, quelle che compongono per la maggior parte il tessuto economico locale. Per le medie e grandi imprese la problematica potrebbe risultare meno rilevante: grazie alla possibilità di offrire salari superiori alla media, orari flessibili, benefit e pacchetti significativi di welfare aziendale, i giovani presenti sul mercato del lavoro tenderanno a preferire le realtà più strutturate piuttosto che le piccole e micro imprese che solo in piccola parte sono in grado di erogare questo genere di benefici.

La Cgia sottolinea che una ridotta presenza di giovani under 30 e un’alta incidenza di over 65 potrebbero determinare ripercussioni negative su settori economici strategici, comportando una contrazione strutturale del Pil. Considerando la minore propensione alla spesa tipica della popolazione anziana rispetto a quella giovanile, una società prevalentemente composta da persone in età avanzata rischia di ridurre il volume d’affari del mercato immobiliare, dei trasporti, della moda e del settore ricettivo (HoReCa). Al contrario, il settore bancario potrebbe essere tra i pochi a beneficiare di alcuni effetti positivi: grazie a una maggiore inclinazione al risparmio rispetto alle altre coorti anagrafiche, la popolazione anziana potrebbe incrementare il valore economico dei propri depositi, favorendo così le istituzioni creditizie.

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