Da Napoli al Ticino
per fare il pizzaiolo?
«Lascia perdere»

Le testimonianze dei frontalieri comaschi e i progetti di trasferirsi in Svizzera dal Meridione. «C’è poco lavoro ed è mal pagato, meglio i Grigioni»

Svizzera terra di frontalieri e di lavoratori stranieri. Le ultime stime parlano di 65mila italiani che giornalmente varcano il confine per andare a lavorare nel territorio del Canton Ticino, 25mila di questi sono comaschi, 26mila arrivano dal Varesotto.

Un confine attraversato alla ricerca di stipendi più alti e un riflesso della difficoltà sperimentata quotidianamente da chi cerca lavoro in Italia e, in molti casi, non lo trova. Le storie di chi ha trovato la sua dimensione nel mercato del lavoro elvetico sono le più diverse. Ci sono gli operai, i neolaureati, i giovani e chi è più avanti con l’età. Ci sono quelli che hanno lavorato per anni in Italia e poi hanno iniziato la loro vita da frontalieri e chi ha cominciato, fin dall’inizio, in Svizzera. C’è chi vede nel lavoro oltrefrontiera un modo per guadagnare qualcosa in più e chi, invece, da italiano si sente un lavoratore “diverso”.

Su Facebook grande seguito hanno i gruppi dei frontalieri italiani che si scambiano informazioni su lavoro, tasse, malattia, disoccupazione, documenti, opportunità e offerte di lavoro. E c’è chi, sui social, chiede indicazioni su come fare a trovare un posto in Svizzera, trasferendosi al nord dal sud Italia. Come Antimo, pizzaiolo di Napoli, che chiede al gruppo Facebook Frontalieri Ticino come fare per trasferirsi in Svizzera, se convenga o meno fare il frontaliere e dove sia meglio cercare per trovare un lavoro nella ristorazione. Una richiesta dalla quale è partito un tran tran di risposte, con consigli diversi, da chi ritiene che fare il frontaliere sia la giusta soluzione, a chi invece consiglia di lasciar perdere: «In Ticino c’è poco lavoro, pagato male e la vita costa cara. Da frontaliere il salario è ancora più basso», scrive un utente del gruppo. «Fai il frontaliere che è meglio», replica un altro, fino al consiglio di lasciare perdere il Ticino e cercare nei Grigioni. Non tutti i frontalieri sembrano quindi d’accordo sul fatto che sia positivo lavorare in Svizzera mentre altri sono soddisfatti del loro lavoro oltrefrontiera.

Come Emanuele, operario, 40 anni che da 17 lavora in Ticino come gessatore: «A livello di stipendio, il lavoro in Svizzera ti fa vivere più dignitosamente in Italia», racconta, o come Luca che vive a Como e che, da 9 anni, lavora come autista e magazziniere a Locarno, dopo esperienze a Como e in Brianza: «Nel mio settore la differenza di salario con l’Italia non è così rilevante – racconta – gli orari di lavoro però sono più giusti e permettono una qualità di vita migliore. Inoltre si rispettano di più le regole e molte normative sono più semplici».

Aspetti positivi dell’esperienza di lavoro in Svizzera che non nasconde però alcuni lati negativi: «C’è da dire che è un po’ pesante lavorare con i colleghi svizzeri che ci additano sempre. In Svizzera, mi viene da dire, non è tutto oro quello che luccica. Con lo spauracchio della doppia imposizione fiscale vedremo poi se trasferirci in Svizzera o se continuare a fare i frontalieri».

Rossana ha 53 anni e fa la cuoca a Lugano: «Mi spiace sentire dire che noi lavoratori veniamo trattati male, a me personalmente non è mai successo – racconta –. Non ho mai avuto disparità né di salario né di trattamento».

Quello che le pesa di più, il traffico per raggiungere il posto di lavoro: «Da quando ho cominciato io, è triplicato». Per Mirko, invece, 37 anni, laureato in ingegneria e responsabile dello sviluppo business di una startup di Ponte Tresa, la Svizzera, rispetto all’Italia, «dà un maggior riconoscimento del titolo di studio».

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