«Dal salario minimo un vortice negativo. Effetti sui prezzi»

L’analisi I Consulenti del lavoro bocciano la proposta: «Un onere di 12 miliardi che ricadrebbe sulle imprese. Si punti sulla formazione e sulle politiche attive»

Sostegno alla contrattazione collettiva, a partire da quella decentrata, riforma delle politiche attive, formazione continua e riqualificazione delle competenze sono le proposte per favorire l’occupazione emerse dal Festival del Lavoro.

La manifestazione organizzata dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro ha presentato un’analisi previsionale sul mondo del lavoro nel semestre maggio-ottobre 2022 alla luce di una ripresa dell’occupazione frenata dall’elevato costo del lavoro, dalle incognite geoeconomiche e geopolitiche internazionali e dalle difficoltà diffuse fra le imprese di ogni settore nel trovare i profili idonei.

Fra i temi caldi dell’incontro anche il salario minimo, strumento con il quale, secondo la presidente nazionale dell’Ordine, Marina Calderone, «si torna indietro. Non c’è dubbio – ha continuato Calderone – che a pagare il costo di un salario minimo per legge saranno gli imprenditori. Si tratta di circa 12 miliardi l’anno, con un aumento di circa il 20% del costo del lavoro, che farebbe scaturire l’aumento dei prezzi di beni e servizi al consumo. Un vortice negativo che andrebbe a vanificare l’obiettivo del salario minimo, cioè quello di adeguare le retribuzioni all’aumento del costo della vita».

Sul tema interviene il presidente lecchese dei consulenti del lavoro, Matteo Dell’Era, che ci dice essere «molto critico» sul salario minimo, mentre ritiene «che la base per dare dignità ai salari stia nella contrattazione collettiva. Probabilmente – aggiunge Dell’Era – il salario minimo sarà importante in certi settori un po’ rapinati dal punto di vista dei livelli retributivi, ma chiediamoci, ad esempio, come certi settori fra cui le collaborazioni domestiche o l’agricoltura o il sistema cooperativistico potrebbero applicare ciò che prevedono i due disegni di legge che parlano di salari fra i 9 e i 10 euro l’ora. Ritengo che il sistema non sia in grado di assorbirli».

Del resto, i lavoratori dei settori citati faticano ad assorbire il peso della vita che si fa insostenibile fra salari troppo bassi e ora svalutati dall’inflazione. Resta insomma da trovare un punto di equilibrio grazie a quella che Dell’Era, in buona compagnia fra le tante voci sul tema, indica come unica via d’uscita: il taglio delle tasse sul lavoro.

«Tale scelta consentirebbe di dare piena attuazione – aggiunge – al principio di lavoro dignitoso previsto dalla Costituzione. L’Ue chiede il salario minimo, che per noi va compenetrato coi giusti poteri demandati alla contrattazione, così come combattiamo quei sindacati non rappresentativi, datoriali e dei lavoratori, che siglano contratti pirata per risparmiare sui costi e sui diritti del lavoro».

Sul lavoro, conclude Dell’Era, servono innovazioni fra cui «il rafforzamento di politiche attive con alleanza forte fra Centri per l’impiego e agenzie private per il lavoro, cosa che a Lecco è praticata, così come si sta cercando di fare in Lombardia. È anche necessario sburocratizzare le attività per avviare le opere pubbliche del Pnrr e rendere più flessibile la gestione dei contratti a termine, che il Decreto Dignità ha irrigidito peggiorando la situazione dei lavoratori».

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