«I dazi Usa? Sarebbero un problema
enorme per le economie
dei nostri territori»

In particolare nel Lecchese colpiti duramente la meccatronica, l’impiantistica e l’automotive. Ripercussioni anche per l’alimentare. Il presidente di Confindustria Lecco e Sondrio Campanari critica pure l’Unione Europea: «In questi anni ha favorito solo la Germania»

Lecco

Dalla meccanica alla componentistica, all’alimentare, ai vini e molto altro: i dazi al 30% annunciati con una lettera inviata da Donald Trump all’Ue colpirebbero aziende grandi e piccole europee e in particolare del Made in Italy. Il danno cadrebbe sul 70% delle esportazioni europee verso gli Usa (per un totale di 380 miliardi di euro), ma la percentuale salirebbe al 97% se l’amministrazione statunitense decidesse di includere anche la Sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962, che riguarda prodotti dell’aviazione, farmaceutici, minerali critici, legname, rame e altri beni. Mentre l’Unione europea apre alla trattativa ma valuta anche contromisure per oltre 70 miliardi di euro sulle importazioni dagli Stati Uniti, l’Italia rischia ricadute per 35 miliardi mentre per quanto riguarda Lecco i nuovi dazi compirebbero le esportazioni locali che ammontano a quasi mezzo miliardo (472 milioni), di cui un quarto per la sola metallurgia. Le parole Per il presidente di Confindustria Lecco e Sondrio, Marco Campanari, «è evidente che l’eventuale conferma di dazi del 30% da parte degli Stati Uniti rappresenterebbe un problema serio per il sistema produttivo italiano. Tuttavia, la via della negoziazione è al momento aperta». Non sarà facile, sottolinea Campanari, dati anche i toni della lettera di Trump, dove «chiaramente si spiega che l’Unione Europea ha tirato troppo la corda negli anni, producendo un gigantesco squilibrio commerciale, che oltretutto, potremmo aggiungere, si è saldato con una svalutazione competitiva della nostra valuta, gesto non proprio ’fair’ nei confronti d’oltreoceano e rispetto al quale avevamo infatti ricevuto numerosi warning ufficiali dall’America».

Disequilibrio Per Campanari ciò è «il risultato di una Ue che in realtà ha assecondato negli ultimi vent’anni soprattutto gli interessi della Germania visto che la maggior parte del disequilibrio commerciale è generato da loro, così come l’influenza sulle politiche comunitarie, e ora ne paghiamo in solido le conseguenze». Evidente il rischio per settori chiave della manifattura lecchese: «La meccatronica, il settore dei macchinari e degli impianti, l’automotive, ma anche l’alimentare sarebbero colpiti duramente in caso di una conferma dell’introduzione di misure protezionistiche della portata annunciata. Nel caso della meccanica – sottolinea Campanari i danni si estenderebbero sia agli esportatori diretti sia alla filiera della componentistica, anche se non dobbiamo dimenticare un elemento di forza della produzione made in Italy: sono la qualità e la componente innovativa e tecnologica che fanno scegliere i nostri prodotti, non il prezzo. Questo fa sì che, anche in presenza di dazi, non sia affatto scontato che i prodotti italiani risultino estromessi dal mercato statunitense».

La via d’uscita, anche per le pmi, sta diversificare i mercati: «Molte aziende del nostro territorio stanno sviluppando partnership strategiche per consolidare la propria posizione e per ampliare la propria presenza internazionale (già notevole), cercando opportunità in nuovi mercati e rafforzando le vendite su quello interno: anche qui, purtroppo, occorre rilevare una grande sconfitta dell’Ue, che ha perseguito negli anni politiche macroeconomiche che anziché costruire un mercato unico interno, soluzione ideale per questo tipo di shock esterni, ne ha invece minato il rafforzamento.

Infine restano fondamentali le politiche industriali di sostegno alle imprese: dalla semplificazione burocratica all’accesso al credito, fino a una riduzione strutturale dei costi energetici».

© RIPRODUZIONE RISERVATA