A quasi 70 anni dalla morte è doveroso rilevare l’attualità del pensiero di Piero Calamandrei (Firenze, 21 aprile 1889-27 settembre 1956), che è stato uno dei padri della nostra Costituzione, uno dei fondatori del Partito d’Azione e tra i simboli della Resistenza al fascismo, oltre che un insigne avvocato e docente di diritto processuale civile, un fine politico e colto pubblicista.
Calamandrei si arruolò come volontario partecipando alla prima guerra mondiale come sottotenente di fanteria. Nell’estate del 1916 stava riposando sotto la sua tenda al Pian delle Fugazze, ai piedi del Pasubio, dopo che le truppe italiane avevano respinto un attacco degli austriaci, quando ebbe dal Comando di Divisione l’incarico di assumere la difesa davanti a un Tribunale straordinario di otto soldati imputati di abbandono di posto davanti al nemico. Anche se non era un penalista ma un civilista, riuscì, comunque, a salvare gli otto imputati sollevando un’eccezione di incompetenza procedurale, per cui il processo fu rinviato al Tribunale di Corpo d’Armata di Valdagno, che poi li assolverà.
Durante il Ventennio rifiutò – caso rarissimo nel mondo universitario – di prendere la tessera fascista, continuando a far parte anche dei movimenti clandestini. Dopo il 25 luglio 1943 divenne rettore dell’Università di Firenze e membro dell’Accademia dei Lincei.
Partecipò attivamente alla stesura della Costituzione come componente della cosiddetta Commissione dei 75, scelta dall’Assemblea costituente. Espresse un giudizio critico sui diritti sociali inseriti nella Costituzione, che definì una “rivoluzione promessa”, la cui applicazione concreta era rinviata in futuro alla volontà e alla forza dei partiti politici. E proprio tale applicazione fu al centro della sua azione politica come deputato dal 1947 al 1953.
In un commovente discorso agli studenti milanesi nel gennaio 1955 Calamandrei, sul rapporto tra Costituzione e politica, disse: “La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile. Bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica. È un po’ una malattia dei giovani l’indifferentismo”. Come sono ancora attuali queste parole se le riferiamo al grave fenomeno dell’assenteismo elettorale da parte dei giovani.
E poi Calamandrei continuava così sul rapporto tra politica e libertà: “E la politica non è una piacevole cosa. Però la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, dando il proprio contributo alla vita politica”.
E sulla Costituzione esortò gli studenti a coltivare la memoria affermando: “Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costituzione! Dietro ogni articolo di questa Costituzione voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta. Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, è un testamento, è un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”.
Il discorso di Calamandrei evidenzia l’importanza della Costituzione come strumento di resistenza a qualsiasi tentativo di restaurare regimi autoritari ed è un appello senza tempo alla difesa dei valori costituzionali.
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