La probabile vittoria della destra nazionalista in Romania rappresenta un duro colpo per l’Ue che vede cementare al proprio interno un blocco conservatore che, con il patrocinio di Vladimir Putin, ha sempre osteggiato la costruzione comunitaria. Simion in Romania, Orban in Ungheria, Lukashenko in Bielorussia, Fico in Slovacchia, Erdogan in Turchia, sono gli artefici di una faglia pericolosa apertasi nel cuore dell’Europa che rischia di aggravarsi per una serie di errori su cui sarebbe opportuno riflettere.
Partiamo, preliminarmente, dal vizio genetico che ha gravemente inficiato il percorso comunitario fin dal suo esordio: l’allargamento dell’eurozona a paesi di cui è stata colpevolmente sottovalutata la totale assenza di cultura democratica ed europeista. Si tratta prevalentemente di paesi dell’Est che, dopo la caduta del sistema sovietico, l’Europa ha cercato di recuperare attraverso i dispositivi del mercato: nulla di più sciagurato. Non è un caso che le insidie per l’Unione europea provengano proprio da questi paesi in cui, svanita l’illusione di una nuova prosperità, sono emersi bollori di chiara matrice nazionalista e xenofoba che molti leader conservatori hanno saputo alimentare con grande sagacia. L’allargamento indiscriminato dell’Unione, improntato ad una visione mercatista e del tutto incurante dei bisogni reali del cittadino, ha condotto alla creazione di un’architettura comunitaria che ha disatteso lo spirito originario dei padri fondatori i quali pensavano ad una nobile unione dei popoli e non solo ad una prosaica unione di mercati e di valute.
Di contro, ha prevalso l’idea che, con l’irrompere sui mercati dei Brics (Brasile, Russia, Cina, India, Sudafrica), fosse necessario accelerare il processo di integrazione al fine di arginare le incognite della globalizzazione. In quest’ottica, l’euro è diventato lo strumento per allargare il perimetro comunitario e, conseguentemente, la stabilità monetaria è assurta a obiettivo prioritario, meglio, a feticcio di tutte le politiche europee. L’imperativo della stabilità dell’euro rappresenta la vera causa che ha determinato il progressivo smantellamento dello stato sociale giustificato dalla necessità di contenere l’esorbitante debito pubblico degli Stati.
In questo modo, l’Europa è diventata il facile bersaglio di tutti i populismi che hanno iniziato a diffondersi nel Vecchio Continente. Molti cittadini hanno visto nell’euro la causa del loro crescente impoverimento che la classe politica ha finto di non vedere volgendo lo sguardo altrove al punto di non avvedersi di un altro evento epocale che stava per abbattersi sull’Europa: l’immigrazione di massa proveniente dall’Africa. Per i nazionalisti, pertanto, è stato un gioco da ragazzi lucrare consensi all’interno di società attanagliate dalla paura della povertà e dell’alterità: come diceva il principe Talleyrand, “in fondo la politica non è altro che un certo modo di agitare il popolo prima dell’uso”.
In verità, la costruzione di un nemico rappresenta la costante di tutte le forze nazionaliste che storicamente si contrappongono a qualunque ipotesi di “società aperta” di ispirazione liberale. Pertanto, Unione europea e immigrazione sono diventate il leit motiv della propaganda sovranista che ha visto in Putin un prezioso referente ben lieto di garantire il proprio sostegno alle forze anti-sistema presenti nelle democrazie occidentali. La favola dello “scontro tra popolo ed establishment” rappresenta la grande menzogna che accomuna la biografia di tutti i nazionalismi i quali hanno sempre usato i poveri fingendo di ergersi a loro difesa.
Le élites europee farebbero bene a non sottovalutare la capacità suggestiva della narrazione populista perché la crisi dell’Ue è strettamente connessa alla crisi dei valori su cui si fonda la democrazia liberale che non rappresenta affatto, come si credeva, l’approdo definitivo della storia. Il fascino esercitato dalle autocrazie rappresenta un dato del tutto inedito che, a questo proposito, conferma la validità di una celebre battuta di don Lisander Manzoni: “La storia insegna che la storia non insegna nulla”. Stiamo attenti a non scherzare col fuoco.
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