Fascisti e Anti le verità dalla storia

Una delle battute più velenose rivolte al nostro paese fu pronunciata da Winston Churchill all’indomani della fine della guerra: “In Italia c’erano 45 milioni di fascisti; dal giorno dopo, 45 milioni di antifascisti. Ma non mi risulta che l’Italia abbia 90 milioni di abitanti”.

A ricordare questa boutade dell’ineffabile primo ministro inglese ci ha pensato Gianni Oliva, autore del pregevolissimo libro “45 milioni di antifascisti”, nel quale vengono illustrate le ragioni che determinarono quella sostanziale continuità tra Stato fascista e Stato repubblicano che neppure l’avvento della Costituzione repubblicana riuscì a scalfire. Si tratta di argomenti “scivolosi” che andrebbero affrontati per spiegare ai più giovani, ad esempio, cosa spinse Churchill (ancora lui!) a esclamare: “forse abbiamo ucciso il maiale sbagliato”. Una verità che non piacerà a tutti è che, dopo la caduta del regime, presero forma nel paese due tipologie di antifascismo: uno di matrice marxista che voleva conferire alla Resistenza un carattere rivoluzionario; uno di matrice democratica che puntava a collocare stabilmente il nostro paese nell’area atlantica.

Pertanto, poco prima della capitolazione di Hitler, durante le ultime battute del conflitto iniziò a profilarsi quella contrapposizione tra Unione Sovietica e Usa che spinse gli americani a promuovere una imponente azione di recupero di numerosi elementi fascisti e nazisti.

Il caso più clamoroso riguardò Reinhard Gehlen, capo dei servizi segreti nazisti nell’Urss il quale, dopo essersi rifugiato negli Stati Uniti, fu reclutato nell’Oss, cioè i servizi segreti americani precursori della Cia. La verità è che, una volta sconfitto il nazifascismo, l’obiettivo immediato degli Stati Uniti fu di sventare la minaccia comunista. In quest’ottica, è giusto affermare, come racconta Oliva, che il 25 luglio 1943 rappresenta la data in cui l’Italia cambiò il regime ma non la classe dirigente che continuò ad essere composta da prefetti, funzionari, militari, magistrati, docenti e impiegati che si erano formati in piena temperie fascista. In proposito, occorre rammentare come, anche grazie al clima di pacificazione favorito dall’amnistia voluta da Togliatti nel 1946, molti esponenti di spicco del regime riuscirono a ricoprire ruoli apicali anche nello Stato repubblicano.

Risulta paradigmatico il caso di Gaetano Azzariti il quale, malgrado fosse stato Presidente della Razza durante il regime, nel 1957 fu eletto presidente della Corte costituzionale con l’avallo della sinistra. Risulta innegabile, pertanto, che il “continuum” tra apparato statale fascista e burocrazia repubblicana costituì una peculiarità che la Guerra Fredda contribuì ad alimentare. Il grande merito della Democrazia Cristiana fu quello di addomesticare le contraddizioni che avevano connotato l’avvento della Repubblica la prima delle quali era costituita dal ruolo fondamentale svolto in Assemblea costituente dal partito comunista il quale fu poi relegato fuori dall’area di governo a causa dei legami con Mosca. Il capolavoro di Alcide De Gasperi fu quello di imporre agli italiani la visione di una società interclassista, saldamente ancorata ai valori della cultura occidentale e fondata sui principi della libertà e della solidarietà. L’impronta confessionale della DC consentì di scongiurare il pericolo di una società che, dopo aver vissuto il dramma della guerra, rischiava di subire le lacerazioni di una contrapposizione ideologica che avrebbe messo a repentaglio la tenuta delle istituzioni democratiche.

Grazie ad una attenta politica sociale, la Democrazia Cristiana riuscì ad neutralizzare quella parte di società italiana che diffidava della democrazia capitalistica, curiosamente invisa sia alla destra post-fascista che alla sinistra marxista e socialista. Perché abbiamo raccontato tutto questo? Semplicemente perché, dopo il 25 Aprile e in prossimità del 2 Giugno, sarebbe opportuno raccontare al paese tutte quelle verità che la storiografia di ogni colore ritiene, ormai, inoppugnabili, lontani da ogni faziosità e da ogni retorica. 


© RIPRODUZIONE RISERVATA