
Bione caput mundi, o almeno caput Leuci. Per decenni, vissuto come la struttura e la zona più disastrata della città, negli ultimi tempi è diventato l’ombelico d’ogni questione infrastrutturale, nonché il luogo più appetibile per eventi estemporanei e musicali (Nameless docet) oltre che snodo della viabilità lombarda col tappetino sonoro delle Olimpiadi invernali, per le quali faccio il tifo perché non siano una mongolfiera di passaggio, ma l’occasione per “l’atterraggio” di opere destinate a far da volano allo sviluppo di Lecco e della Valtellina.
Ma lasciamo il Bione al suo groviglio di usi, consumi, destinazioni, aspettative, investimenti, per occuparci di altre opere pubbliche che continuano a suscitare interrogativi sulla loro precarietà, funzionalità e costi. Provo a concentrarmi sui vuoti e sulle incompiute “figlie di nessuno” abbandonate da uno Stato che sembra essersi dimenticato dei propri presidi sul territorio. Tra l’altro, gli Enti Locali hanno le loro gatte da pelare e sembrano subire questo oblio di ministeri e dintorni. Procedendo con ordine, il primo pensiero torna in zona Bione dove si perpetua l’attesa per la nuova caserma dei vigili del fuoco. Per i più distratti sono trascorsi dieci anni da quella scelta condivisa dell’area spettacoli viaggianti da destinare allo scopo. Era il 2016 e da allora è stato uno sgranar di rosari, di sottosegretari e parlamentari che periodicamente annunciano l’avvio dei lavori e puntualmente si va alle calende greche. Tra l’altro, e qui non mi sorprendo ma mi sale l’indignazione, non si ha neppure il pudore di dichiarare a carte scoperte se siano sorti problemi progettuali, finanziari, geologici. In medicina si chiama consenso informato.
La seconda amara incompiuta che fa bella mostra di se’ in centro città è la nuova sede della prefettura di via XI febbraio: cantiere fermo ormai da due lustri, al punto che si è quai in scadenza del comodato gratuito di vent’anni con il quale l’Azienda ospedaliera aveva messo l’immobile a disposizione del ministero dell’Interno. La realizzazione dell’opera favorirebbe l’apertura di spazi più consoni ai compiti di una Prefettura che di tanto in tanto finisce nel limbo istituzionale. Inoltre, l’operazione permetterebbe di dare alla Questura di corso Promessi sposi gli uffici logistici e operativi dei quali ha un bisogno estremo. Un’osservazione ulteriore: una caserma e una Prefettura dignitose permetterebbero di metterci al riparo da interventi di riduzione, accorpamenti se non cancellazioni, come ci insegna, nel piccolo, il tortuoso cammino della Motorizzazione civile.
Infine, in questo tour virtuale tra le incompiute statali, non possiamo dimenticare il cantiere avviato, sospeso da oltre un anno, parzialmente in ripresa, dell’ultimo lotto del Tribunale sul lungolago. Le rassicurazioni dell’assessore comunale ai Lavori pubblici Maria Sacchi sono confortanti, specie laddove si comunica che non ci saranno costi aggiuntivi: sarebbe un unicum, ma ricordiamo che la benedizione dei lavori fu appannaggio del ministro Roberto Castelli e del sindaco Lorenzo Bodega.
Ma i lecchesi, citati sempre ai primi posti nella classifica dei contribuenti e in coda a quella degli evasori, si meritano un trattamento di questa natura? Da noi l’acqua scorre sotto i ponti e ci porta ovunque a seminare intraprendenza e sviluppo. Non vogliamo rimanere intrappolati in questo pantano e nelle sabbie mobili di un Paese che, viva le Olimpiadi, considera una conquista la pista del bob.
Una disciplina che vanta qualche centinaio di praticanti e che rischia di segnalarsi come un gioiello in una radura, con un po’ di verde allevato di fretta e di esaurire tutto il suo fascino nello spazio di un paio di settimane. Non ce l’ho coi bobbisti naturalmente, specie se penso a Eugenio Monti, ‘il rosso volante’ che regalò all’Italia degli anni ‘50 ori e argenti.
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