
Il campus è lì, un bel complesso moderno e funzionale tra via Previati e via Ghislanzoni. Si può decidere che può bastare così, che ci si può accontentare di avere a Lecco un bel polo universitario. Le istituzioni, le associazioni imprenditoriali, le imprese possono decidere di disinteressarsi di quello che si fa nei laboratori del Politecnico, del Cnr e, in futuro, dell’Inail.
Si può decidere di lasciare nel loro mondo di numeri, di studi astrusi e prove di laboratorio i ricercatori del campus. Si può decidere che il dialogo tra il tessuto economico e chi lavora al campus resti circoscritto alle poche imprese che finora hanno avuto il “coraggio”, l’abilità, la prontezza e, diciamo pure, la lungimiranza di avviare una collaborazione con l’ateneo. Finora, il 69% degli imprenditori lecchesi dichiara di non aver avuto alcun contatto con il Politecnico e in genere con le università (il dato è stato presentato nell’incontro che il rettore Ferruccio Resta ha avuto con le imprese, e si riferisce alle aziende che hanno partecipato al bando regionale sull’innovazione).
Lecco può decidere di considerare il Politecnico e tutto il resto come un corpo estraneo alla realtà cittadina e non un polo di eccellenza della cultura tecnologica. Si può. Le imprese più strutturate continueranno a sviluppare al loro interno i progetti di ricerca, magari con l’assistenza di qualche università estera, mentre le altre inseguiranno l’innovazione o restando al traino delle aziende più grandi o sollecitate dai clienti o dai concorrenti (ma in questo modo non si realizza niente di originale).
L’alternativa a tutto questo è un impegno comune per far interagire quelli che stanno dentro il campus con quelli che stanno fuori (con le aziende). Come dimostra il 69% citato sopra, di lavoro da fare ce n’è molto. Sono ancora tante, troppe le incomprensioni e le diffidenze da superare. O forse è solo un problema di informazione. Un artigiano che ha un problema da risolvere o un’idea da sviluppare, cosa deve fare? C’è un interlocutore al campus a cui può rivolgersi? Sta di fatto che il dialogo tra le aziende e i ricercatori non è ancora fluido. Mentre in un mondo ideale dovrebbe essere immediato: ho un problema? So chi può aiutarmi a risolverlo e comunque so dove andare. È evidente che se il rapporto tra l’università e le imprese non è decollato, le colpe sono di entrambi i soggetti. Forse ancora molte aziende pensano che rivolgersi ai laboratori del campus sia tempo perso. Mentre tra i ricercatori è probabile che più di qualcuno consideri gli imprenditori dei rompiscatole, buoni solo a distoglierli da ricerche ben più importanti. E, fino a quando i due interlocutori non saranno convinti che da un rapporto strutturato entrambi ne trarranno beneficio, il dialogo resterà tra sordi o quasi.
Quindi che fare? L’incontro di ieri tra il rettore e le imprese sembra aver rotto il ghiaccio e aver avviato ad un confronto franco. Ora bisogna insistere su questa strada che non è facile da percorrere. Un progetto utile a integrare il mondo accademico con le imprese è quello che prevede che gli studenti dell’ultimo anno della magistrale di ingegneria meccanica lavorino per un periodo nelle imprese del territorio. È un momento di reciproca conoscenza e arricchimento.
L’alternativa ad un percorso di integrazione tra università e tessuto economico è accontentarsi di avere una bella struttura, da far visitare a chi viene a Lecco, senza che ci sia un trasferimento di conoscenze e tecnologie nel territorio. Una grande opportunità persa.
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