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Mercoledì 30 Gennaio 2013
Le imprese non ce la fanno
«Ora la politica ci ascolti»
E' il primo monito lanciato a tutti i candidati politici, di tutti i livelli, da Gionni Gritti, presidente di Confartigianato Sondrio, nel corso della giornata di mobilitazione voluta da Rete Imprese Italia e denominata "La politica non metta in liquidazione le imprese"
E' il primo monito lanciato a tutti i candidati politici, di tutti i livelli, da Gionni Gritti, presidente di Confartigianato Sondrio, nel corso della giornata di mobilitazione voluta da Rete Imprese Italia e denominata "La politica non metta in liquidazione le imprese".
«La giornata di oggi - ha evidenziato Gritti - è un segnale importante per la nostra provincia, una prima pietra che vogliamo porre per lavorare in sinergia per il nostro territorio. Va fatta un'importante presa di posizione con gli enti a tutti i livelli: i politici che rappresentano il territorio, a Roma come a Milano, realtà troppo spesso insensibili a certe emergenze, dovranno periodicamente rapportarsi con noi. Marcheremo stretti i politici e dovranno essere loro a chiedere a noi ciò di cui abbiamo bisogno».
Una linea ben precisa, ancora più necessaria viste le prospettive non certo rosee che Gionni Gritti intravede in vista delle prossime elezioni: «Non c'è progettualità - ha proseguito il presidente di Confartigianato Sondrio - ma solo una stucchevole dialettica con cui si cerca la lotta e di evidenziare le colpe altrui. Purtroppo temo che ci saranno problemi nella creazione di una maggioranza che possa governare e ho paura che si torni alle urne già il prossimo anno. Noi abbiamo sempre delegato ad altri, ma è arrivato il momento che anche esponenti del nostro mondo vadano a occupare certi posti. Inoltre, anche le nostre associazioni a livello nazionale devono essere più incisive e visibili».
Appelli sentiti e motivati, vista anche la situazione di crisi in cui versano le imprese artigiane in Valtellina e Valchiavenna: dal 2008 in provincia di Sondrio sono scomparse 500 aziende, il 10% del totale. «Lo Stato - ha sottolineato sempre Gritti - nelle sue forme barocche sta davvero cercando di raschiare il fondo del barile, ma deve rendersi conto che senza impresa non c'è futuro. Siamo stufi di essere considerati solo evasori e di uno Stato che sia forte con i deboli e debole con i forti. In Italia ci sono 129 banche dati che non si interfacciano tra di loro e poi si assiste a quelle pantomime come la caccia allo scontrino a Cortina o a Milano».
Non solo gli artigiani di Valtellina e Valchiavenna non accettano che la loro categoria venga additata come una delle principali responsabili o addirittura l'unica responsabile dell'evasione fiscale, ma si pongono in prima fila nel deciso richiamo alla legalità: «La certezza delle regole - ha spiegato Gritti - è la certezza del diritto. Un'ispezione in un cantiere, ad esempio, deve essere la stessa in ogni realtà e non deve essere effettuata con a priori l'obiettivo certo di portare a casa qualcosa come sanzione all'impresa. E' giusto ricercare e colpire l'illegalità per salvaguardare le aziende virtuose. E sarebbe anche giusto creare un registro e una "centrale rischi" degli insolventi così anche le imprese possono sapere in maniera più sicura con chi hanno a che fare».
Oltre a quello della legalità un altro pressante problema per le imprese artigiane è quello dell'accesso al credito che con la crisi si è fatto sempre più difficile. «In Italia il credito - ha sottolineato Gionni Gritti - negli ultimi anni si è ridotto di 32 miliardi di euro. Si sono praticamente fermati i mutui per l'acquisto dei beni immobili e ciò vuol dire praticamente fermare l'edilizia. Chi pensava di acquistare una casa non può farlo e praticamente si paga per una casa che neanche si possiede o dove neanche si vive».
In generale, ha concluso Gritti «troppo spesso manca etica e virtuosità e in questo senso non è possibile che nelle scuole spesso manchi la motivazione di insegnare i valori dell'educazione civica. Ed è sbagliatissimo che la scuola sia totalmente slegata dal mondo del lavoro».
«Le imprese non ce la fanno più, la situazione è praticamente insopportabile e per uscirne è fondamentale la crescita, senza la quale qualsiasi altra iniziativa non è sufficiente». Questo, in sintesi, il messaggio più importante che Marino Del Curto, presidente di Confcommercio Sondrio, ha affidato alla giornata di mobilitazione di Rete Imprese Italia, gruppo che rappresenta il 62% del Pil nazionale e il 58% del totale della forza lavoro italiana. Un processo di uscita dalla crisi, questo, in cui i commercianti «vogliono dare il loro contributo perché l'Italia possa veramente ripartire».
Marino Del Curto, nel corso del suo intervento, ha individuato una serie di misure da prendere per portare il Paese fuori dalla crisi: prima tra tutte la riduzione della spesa pubblica: «Dobbiamo prima di tutto far sì - ha evidenziato il numero uno di Confcommercio Sondrio - che chi governerà porti avanti una vera riduzione della spesa pubblica. Anche le dismissioni dei beni dello Stato devono servire per ridurre il debito pubblico. I tagli della spesa pubblica devono essere reinvestiti per dare ossigeno alle imprese e far crescere l'economia. È il momento di una sana e giusta spending review e non è più accettabile che i soldi vengano recuperati solo attraverso una pressione fiscale insopportabile, che si attesta oltre il 56%».
La riduzione della spesa pubblica, dunque, come spiegato da Del Curto, deve andare di pari passo a una minore pressione fiscale: «Chiediamo - ha sottolineato Del Curto - l'esclusione dell'Imu sugli immobili funzionali alle attività di un'impresa e vorremmo pagare le tasse su quello che effettivamente incassiamo quando lo incassiamo e non su ciò che pensiamo di incassare. Inoltre, speriamo che vengano rivisti i criteri della Tares». Tutto questo anche perché oltre alle tasse, le imprese sono costrette a fare i conti con costi non competitivi e tempi della giustizia penalizzanti rispetto ai competitor europei.
In Italia il prezzo di 100 kilowattora è di 16,5 euro contro i 12 della media europea. Inoltre, per quanto riguarda la giustizia sono 1.210 i giorni d'attesa per una sentenza per fare rispettare un contratto (390 in Francia e Germania), un anno e otto mesi l'attesa per una sentenza di fallimento o insolvenza (un anno in Gran Bretagna) e 180 giorni l'attesa per i pagamenti da parte della pubblica amministrazione, il triplo di quanto avviene in Europa.
Altri tre ingredienti della crescita per Del Curto sono «una riforma del lavoro diversa da quella Fornero, un disastro, che elimini le difficoltà burocratiche per apprendistato e mobilità in entrata, una lotta all'evasione fiscale che sia trasversale e non solo sulle nostre categorie e decisi investimenti nelle grandi infrastrutture che in provincia non sono solo viabilità, ma anche ferrovia e nuove tecnologie, a cominciare dalla banda larga».
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