
Anche il lecchese più innamorato della sua città, quello che va in vacanza per godere dell’attimo in cui Lecco ricompare nella sua quotidianità quasi immutabile, difficilmente a rientro avvenuto può sottrarsi alla inevitabile sindrome che coglie chi ha saggiato l’altrove e torna al noto.
A maggior ragione, per chi da Lecco è quasi scappato, in un’ansia di liberazione anche se temporanea, la città riappare in tutta la sua monotona prosaicità. La Lecco ritrovata di solito non ha nulla di nuovo da raccontare. Come conciliare dunque la frenesia delle grandi capitali visitate con le pause statiche della nostra piccola realtà urbana? Come riaccontentarsi della generosa presenza delle acque del nostro lago se il confronto è con l’immensità di mari esotici o anche con i più contenuti bagnasciuga delle spiagge ravvivate dalla movida notturna? Anche le persone, i lecchesi con cui dobbiamo riconfrontarci, sono davvero migliori delle nuove conoscenze che abbiamo saggiato nel corso di fortuiti incontri “on the road”?
Può essere davvero duro un rientro, ma basta affrontarlo preparati. Come nelle storie d’amore, vissute intensamente o trascinate per abitudine, bisogna che entrambi i soggetti trovino qualche stimolo nel cambiamento. E Lecco una piccola sorpresa ai concittadini, in gran parte rientrati o prossimi al rientro, per una volta è riuscita a riservarla.
Via Roma, almeno nel tratto tra Piazza XX Settembre e Piazza Garibaldi, non è più un pericoloso percorso a ostacoli, ma sta assumendo per la nostra voglia di passeggio un aspetto del tutto nuovo. Le lastre calpestate con piena sicurezza da intere generazioni di lecchesi e minacciate nella loro funzionalità da enormi interstizi, eufemisticamente chiamate “fughe”, stanno tornando all’antico splendore. Chi si fosse trovato ieri a passare nella via, rasentando le transenne, avrebbe superato l’istintivo moto di disagio proiettandosi al risultato del lavoro: una squadra di operai con ritmo veloce e coordinato riparava quei solchi ormai troppo profondi. L’attenzione dei passanti era ben sintetizzata dallo sguardo concentrato di un bambino che seguiva con un misto di curiosità e invidia le fasi di costruzione, forse cogliendone l’aspetto ludico, come in un gioco da spiaggia, per gli innaffiatoi verdi che pazientemente riempivano di materiale malleabile il reticolo vuoto dei tanti canali tra pietra e pietra. Per una volta, non era il solito pensionato a controllare i gesti del lavoratore di turno, ma un ragazzino che sembrava riconoscere nei movimenti dell’adulto una ritualità praticata e condivisa, capace nella sua semplicità di dare un volto nuovo e più sensato a quella che fino a un attimo prima era solo una strada malfatta.
Bello lo spunto simbolico di questo sguardo aperto sul futuro, della rinnovata cura del patrimonio cittadino, della salvaguardia di un sicuro “struscio” protetto da “pariniane cadute”. La virtù civica della conservazione per le generazioni che verranno ha trovato in queste ore un piccolo significativo esempio nella nostra Via Roma.
Forse per un ritorno a Lecco da incorniciare, ci sarebbe voluta una Piazza Affari finalmente riaperta e accessibile, lo scheletro di un edificio diventato tribunale, un grigio palazzo su Piazza Garibaldi trasformato in polo di attrazione.
Ma se è vero che importante era comunque cominciare, perché la nostra città questo verbo sembrava averlo dimenticato, anche del materiale che colma vuoti e attrae gli occhi curiosi di un bambino dimostra che Lecco merita un ritorno.
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