
Portare a Roma la Villa Manzoni o far conoscere a molti lecchesi ignari “la bella sconosciuta”? L’idea del Governo di mettere a disposizione 150 milioni di euro per un progetto culturale o il restauro di un bene pubblico voluti da un’intera comunità, vista l’ampiezza del nostro paese e delle tante realtà in attesa di adeguati riconoscimenti o interventi, ha forse più un valore simbolico che la valenza di un effettivo supporto economico. Ma l’idea che le scelte saranno condizionate alla reazione concreta delle singole comunità, dal numero delle richieste che giungeranno via e-mail a Roma, nel nostro caso con l’appello “Villa Manzoni questo restauro… s’ha da fare”, ha comunque il grande merito di chiamare a raccolta i cittadini e di renderli per una volta almeno protagonisti attivi, al di là di qualunque malevolo sospetto di operazione populistica.
In tempi in cui la prova del DNA è diventata risolutiva per stabilire la colpevolezza o l’innocenza di un imputato, il segno distintivo di una inconfutabile individualità, potremmo azzardare che la quasi totalità dei lecchesi Manzoni lo possiede come elemento essenziale del patrimonio genetico. Consapevolmente in gran parte dei casi, ed è forse questa la bussola che permette loro di sapere che esiste una Villa Manzoni e di ricordare, anche per diretta frequentazione, dove è precisamente ubicata. In altri casi, per restare nel campo della genetica, potremmo dire che la consapevolezza del binomio Manzoni-Lecco e, soprattutto, di una Villa Manzoni che a pieno titolo appartiene alla città e che in qualche luogo ha dunque da trovarsi, è una sorta di carattere recessivo, non evidente, ma non per questo meno in grado di manifestarsi nel tempo.
Ecco, se una nota positiva c’è nell’invito lanciato dall’Assessore alla Cultura Simona Piazza a tutti i lecchesi di far arrivare la propria voce a Roma entro il 31 maggio e di non perdere un possibile contributo statale, è proprio questa. A chi Manzoni lo ama o anche a chi poco lo sopporta, ma comunque non è mai riuscito a rimuoverlo, si offre ora l’occasione per manifestare la propria lecchesità, senza colorazioni partitiche, ma nella condivisa certezza che un patrimonio che a tutti appartiene e che a ciascuno può portare ricchezza, e non solo culturale, va difeso con ogni mezzo. In un panorama lacustre che fa delle ville un fiore all’occhiello, da Villa Carlotta di Tremezzo a Villa Melzi di Bellagio, da Villa Balbianello di Lenno a Villa d’Este di Cernobbio, per citarne solo alcune, è incredibile che Villa Manzoni non solo resti appartata, se non quasi nascosta, ma che la sua funzionalità di edificio storico sia a rischio di progressivo e totale degrado. A chi invece Manzoni vorrebbe ignorarlo, per ottusa indifferenza forse più che per una scelta, la campagna del Governo, intelligentemente amplificata dal nostro quotidiano, da Teleunica e da Lecconotizie, è l’imperdibile offerta di crearsi una coscienza cittadina, ma forse si potrebbe anche dire civile, individuando con precisione in quella Villa Manzoni l’ingresso ideale alla propria città, un portale, per dirla all’informatica, capace di aprire un mondo, il nostro. E se un portale non è ben fatto, o peggio giace in stato di quasi abbandono, tutto quello che contiene è destinato a una inesorabile cancellazione.
Portiamo dunque Villa Manzoni a Roma, se ne conosciamo l’esistenza, l’importanza, la collocazione. Se resta una “bella sconosciuta”, è l’ora giusta per cercarla, trovarla e innamorarsene. Che sia l’ennesima occasione per ricordarla o la prima lettera d’amore per conquistarla, questa e-mail s’ha da fare!
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