A 80 anni dalla liberazione dell’Italia dal nazifascismo va ricordato Il Manifesto di Ventotene, un testo visionario e profetico che promuove l’unità politica dell’Europa, ed è considerato uno dei testi fondanti dell’Unione Europea. Scritto tra il 1941 e il 1944 da Altiero Spinelli e Ernesto Rossi, al confino nell’isola di Ventotene in quanto antifascisti, propugna un’Europa unita in senso federale. In esso viene invocata anche la “dittatura del partito rivoluzionario”, ma Spinelli poi corregge nell’agosto 1943 quell’errore di prospettiva indicando la necessità di creare un movimento trasversale ai vari partiti. In tale direzione va anche la prefazione al Manifesto scritta nel gennaio 1944 da Eugenio Colorni, medaglia d’oro al valor militare, assassinato dai criminali fascisti della banda Koch, che ne pubblicò anche il testo.
Spinelli, politico e scrittore, espulso dal Partito comunista per aver criticato il terrore staliniano, fondatore del Movimento federalista europeo, è ritenuto uno dei padri dell’Europa. Rossi, giornalista ed economista, era un militante del movimento Giustizia e Libertà, fondato dal teorico del socialismo liberale Carlo Rosselli. La condizione dei confinati politici era estremamente dura a Ventotene, dove Spinelli e Rossi vivevano segregati sotto stretta sorveglianza poliziesca. Si poteva scrivere solo una lettera a settimana sottoposta a censura. E poiché non era consentito possedere altra carta, il Manifesto venne scritto a caratteri minuscoli su cartine per le sigarette e portato sulla terraferma da Ursula Hirschman, moglie di Colorni e poi di Spinelli, nascosto nella federa del cappotto o nel ventre di un pollo arrosto.
Nel 1941 l’Europa è sotto il dominio della Germania hitleriana e in tale situazione i due confinati ritenevano che occorresse un cambiamento radicale, per evitare ulteriori guerre, e perciò proponevano di costruire una federazione europea non basata su egemonie di sorta, né su ordinamenti totalitari, ma sulle seguenti modalità: esercito unico federale, unità monetaria, abolizione delle barriere doganali e delle limitazioni all’emigrazione tra gli Stati appartenenti alla Federazione, rappresentanza diretta dei cittadini ai consessi federali, politica estera comune. Di ispirazione socialista, ma non statalista, il Manifesto non va però isolato dal contesto in cui nacque. Sulla proprietà privata gli autori scrivevano che essa “deve essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso, non dogmaticamente in linea di principio”. Ebbene, la Costituzione stabilisce sostanzialmente lo stesso principio in quanto prevede nell’art. 43 che la proprietà privata, riconosciuta e garantita dalla legge, possa essere limitata “allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti” e pure “salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale”.
Certo, nel 1941, quando l’Europa era devastata dalla Seconda guerra mondiale e i soldati italiani cadevano sui vari fronti progettare un’Europa unita e un mondo di pace era veramente un sogno visionario, ma anche profetico perché poi l’Unione europea è diventata una realtà concreta, anche se non è ancora uno Stato federale e nemmeno una confederazione di Stati. Per questo il Manifesto è stato riconosciuto Patrimonio culturale dell’Ue. L’Europa fu fatta da tre leader democristiani moderati Konrad Adenauer, Robert Schuman, Alcide De Gasperi. Anche se va più integrata e unita, l’Europa ci ha dato la pace fra i Paesi europei; l’Erasmus che ha aiutato tanti giovani a conoscersi e maturare; lo Schengen, che ha abolito le frontiere interne; l’euro che ha creato un mercato comune, la Commissione europea; il Consiglio d’Europa e la Corte di giustizia europea.
Ma ci sono ancora altre riforme da fare per trasformare l’Europa in una “Federazione europea”, come sostenevano Giuseppe Mazzini e il Manifesto o negli “Stati Uniti d’Europa”, come voleva Carlo Cattaneo. Occorre, innanzi tutto, eliminare il principio dell’unanimità nelle votazioni, che blocca ogni decisone, e realizzare una difesa comune europea.
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