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Martedì 04 Ottobre 2011
Nelle aziende di Lecco
i precari sono 38mila
Sono 38mila nel Lecchese i lavoratori precari. In genere sono under 40 giovani con una professionalità alta (spesso sono laureati) e senza alcuna certezza per il futuro lontano e vicino.
È questa la condizione dei 38mila precari del Lecchese, giovani con una professionalità alta (spesso sono laureati) e senza alcuna certezza per il futuro lontano e vicino.
Il numero di 38mila precari è una stima, fornita dai numeri della gestione separata dell'Inps, sommata a una frazione di laureati che ancora non ha trovato un posto di lavoro sicuro. Alla Cgil c'è anche una categoria sindacale a rappresentanza degli atipici, il Nidil, che ha meno di 200 iscritti: «Un flop - come lo descrive il segretario generale della Cgil, Wolfango Pirelli -. Il Nidil non serve a niente, perché non si pone l'obiettivo della stabilizzazione del precario, ma il miglioramento delle condizioni precarie. A mio avviso sarebbe più utile inserire gli atipici nelle categorie professionali di riferimento, ad esempio i precari del commercio nella categoria del commercio, quelli metalmeccanici nella Fiom, e via dicendo. Lasciando a ogni categoria il compito della regolarizzazione del contratto di lavoro».
Fino a qualche anno fa il precariato era vissuto come uno scotto da pagare, un "periodo di prova" per accedere stabilmente al mercato del lavoro. Oggi la precarietà è diventata la nuova condizione delle nuove generazioni che si affacciano al mondo del lavoro, senza alcuna speranza di contrattazione stabile: «Si è arrivati a questo punto per due ragioni - spiega Pirelli - Il sistema produttivo italiano è arrivato a ritenere che la competitività si raggiunge attraverso l'abbassamento dei costi del lavoro, e in una diffusa confusione tra flessibilità e precarietà. È vero che abbiamo bisogno di maggiore adattabilità dei lavoratori, per assicurare maggiori livelli di produttività, ma a condizioni salariali e contrattuali dignitose. Al contrario il precario è colui che sta nel processo produttivo con minor convinzione. Quindi, il precario costa meno ma, non sentendosi parte del sistema produttivo, lavora con disinteresse». La Cgil da anni ha avviato una campagna per combattere il precariato, ma nel concreto poco è stato fatto per arginare il fenomeno, «Tuttavia - risponde Pirelli - sul territorio ci siamo opposti alla creazione delle più becere forme contrattuali consentite dalla Legge 30, come lo staff leasing (una sorta di affitto di personale). Inoltre abbiamo avviato accordi con le aziende per trasformare i contratti precari in contratti a tempo indeterminato».
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