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Venerdì 28 Marzo 2008
Nelle banche di Vaduz
il tesoro di 400 italiani
Molti imprenditori nell'elenco nella lista su cui indaga la Finanza per evasione fiscale. C’è anche una studiosa di Santa Caterina da Siena, catalogata come "professoressa e scrittrice"
Vaduz, la piccola e incantevole capitale dell’altrettanto piccolo staterello del Liechtenstein c sta diventando una sorta di incubo per circa 400 italiani, da settimane in attesa di vedersi recapitare un avviso di garanzia per omessa o infedele dichiarazione dei redditi. Trentotto procure sono destinatarie di almeno una fetta della "black list" che Heinrich Kieber, impiegato della Liechtenstein Group Lgt di Vaduz, consegnò negli scorsi anni ai servizi segreti tedeschi in cambio di un premio da 4 milioni di euro.
I 338 nomi e cognomi inclusi in quella lista hanno iniziato a uscire. C’è anche una studiosa di Santa Caterina da Siena, catalogata come "professoressa e scrittrice": Adriana Cartotti Oddasso. A fianco del suo nome la cifra di 34 milioni di euro. Alla donna vengono attribuite proprietà immobiliari a Monaco possedute attraverso strutture offshore. È una delle titolari dei 157 conti - molti dei quali però riconducibili a più persone, spesso della stessa famiglia o gruppo industriale - su cui si sta concentrando l’attenzione della GdF. L’ammontare complessivo del "tesoro" italiano in Liechtenstein è di 1 miliardo 337 milioni 250mila euro. La magistratura di Roma ha distribuito a 37 procure in tutta Italia, per competenza territoriale, gli atti relativi ai titolari di depositi nel Liechtenstein. Complessivamente sono 390 gli indagati per omessa e infedele denuncia dei redditi, ma il rischio prescrizione, trattandosi di fatti risalenti a un’epoca che finisce nel 2002, è concreto poichè i reati configurati decadono in 7 anni e mezzo.
Tra le persone in elenco, comunque, diversi potrebbero già aver sanato la loro posizione, anche attraverso la legge del cosiddetto scudo fiscale, mentre per altri, magari residenti all’estero o non cittadini italiani, potrebbe non ravvisarsi alcun reato.
Tra i conti più ricchi contenuti nell’elenco quelli che fanno riferimento al gruppo farmaceutico Menarini che assommerebbero a 476 milioni, mentre depositi riconducibili al gruppo Mian (che opera nello stesso settore) sono pari a 200 milioni. Hanno conti al di sopra dei 10 milioni la famiglia Bax (20 milioni di euro); la famiglia di industriali Ryan (15 milioni di euro); gli industriali Pichler (35 milioni), gli imprenditori Amenduini (15.500.000); il gruppo familiare (moglie, figlio, madre ed una persona indicata come il suo "migliore amico") che fa capo all’ex direttore sportivo della Ferrari Marco Piccinini (60 milioni); le famiglie Groppo (13 milioni) e Garbagnati (15 milioni) e quello Italcementi (33 milioni). Nell’elenco anche gli industriali Manini (l’azienda di cancelli automatici Faac spa) che sarebbero titolari di conti per 18 milioni; i titolari del Gruppo Pessina (costruzioni) sono indicati con conti per 32 milioni e Gianpaolo Corabi con 15 milioni. Tra gli altri nomi quello di Raoul Konstandt (650 mila euro) che avrebbe «proprietà immobiliari in Israele»; ci sono poi Clotilde Baretieri Sforza (650 mila), di una «antica famiglia nobile di Milano», il medico Carlo Mazzi (5 milioni), i De Polo (1 milione 200 mila) del Museo nazionale Alinari della fotografia, gli orafi Vaschieri (6 milioni) e Sbragi (650 mila), i gioiellieri Vittorio Boni (3 milioni) e Chimento (6 milioni e 300mila); gli imprenditori Facchini (7 milioni e mezzo), gli allevatori di cavalli Bonora (650 mila euro); Paul Prast, attivo nel settore macelleria (5 milioni e mezzo), l’imprenditrice Cecilia Conti (3 milioni), i pellicciai Barbieri (9 milioni e 300 mila). Non è stato invece meglio identificato Denis O’Conner (3 milioni e 800 mila) con proprietà immobiliari a Campione d’Italia, yacht e Mercedes.
Tra i nomi già trapelati quello di Milva - insieme alla figlia e alla sorella risulta titolare di un conto di 7 milioni e mezzo di euro - e quello di Mario D’Urso, con 250 mila euro, indicato come «politico con residenza in Gran Bretagna». E ancora: gli imprenditori Zanussi (con somme di diversa entità), il conte Pietro Arvedi D’Emili, Enrico Giuliano (5 milioni e 500 mila) del Partito Italiani nel mondo, esponenti delle famiglie Sama e Ferruzzi (5 milioni 250mila); Francesco, Vito e Luca Bonsignore (5 milioni 600mila), Luigi Grillo (650 mila).
P. Mor.
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