Cara provincia
Lunedì 08 Dicembre 2008
Il caso Sky e il nostro diritto alla qualità in tv
Una spesa che assicura nel campo dell’informazione un’alternativa al duopolio Rai-Mediaset non è superflua né voluttuaria
Sono un utente Sky. Considero l’abbonamento una spesa superflua e voluttuaria. Se me ne sobbarco il costo mensile, ritengo di essere in grado di sopportare l’aumento - ovvero la perequazione alla norma - dell’Iva. Perché dovrei alimentare la mia spesa voluttuaria con un onere dell’erario? Mi infastidisce che Sky monti una campagna politica e cioè che un imprenditore straniero prenda posizione contro il governo del mio Paese. E che l’opposizione politica – di cui peraltro faccio parte – sostenga per infima speculazione le posizioni di un monopolista straniero. Mediterò se annullare il mio contratto con Sky.
Ulderico Monti
Non è superflua né voluttuaria una spesa che assicura nel campo dell’informazione un’alternativa al duopolio Rai-Mediaset, tanto più adesso che il presidente del Consiglio è il dominus di Mediaset e la sua maggioranza domina la Rai. Non lo è inoltre poiché permette a molte famiglie, impossibilitate a pagare il salato biglietto dello stadio o del cinema, d’assistere con pochi euro a spettacoli di grande livello; non lo è infine perché soddisfa esigenze sociali e gusti culturali trascurati da altre tv, in primis quella di Stato che, povera di qualità, è sempre più ricca grazie al canone: nel 2009 crescerà di 1,53 euro. Vale la pena di ricordare che la platea degli utenti di Sky è la seguente: 51% casalinghe e pensionati, 26% impiegati, 9% commercianti artigiani e lavoratori autonomi, 12% liberi professionisti, 9% dirigenti, 1% studenti. Ha reddito alto (più di 50mila euro) il 17%, medio-alto (da 38mila a 50mila) il 21, medio (da 22mila a 38mila) il 38, medio-basso (da 14mila a 22mila) il 18, basso (fino a 14mila) il 6. Quanto alla campagna politica di Murdoch, Berlusconi non fu da meno nel ’90: temendo l’oscuramento delle reti Fininvest, inondò i suoi schermi con lo spot dal titolo “Meglio poter scegliere”. Sulla necessità di riequilibrare l’Iva pagata dalle pay tv, l’Ue sollecitò l’Italia lo scorso gennaio, ma il governo Prodi era appena caduto e cominciò la volata per le elezioni. Tutti tacquero. Riequilibrare non significa peraltro un’obbligata equiparazione sull’aliquota più alta: si può fare il contrario, specie nel caso del sistema televisivo italiano, fortemente asimmetrico. E specie nel caso d’una fase recessiva iniziata dal governo con la promessa di non alzare alcuna tassa, ma proseguita senza mantenere la promessa di detassare le tredicesime. Che infine la sinistra ci marci in questa storia, è vero. Ma che questa sia una storia ove –a sinistra e a destra-s’intravede del marcio, lo è altrettanto.
Max Lodi
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