le liste per l’elezione Provinciale sono ormai quasi tutte presentate. È possibile quindi analizzare alcuni parametri che sono stati utilizzati nel presentare la lista, questo è utile perché permette di leggere come la rappresentanza politica locale ragiona a livello organizzativo e culturale. La prima cosa che colpisce è la presenza di una costante comune, generalizzata, trasversale e ossessivamente presente in tutte le formazioni che vanno dalla sinistra alla destra, dal centrodestra al centrosinistra. La costante, oggetto dominante di riferimento, s’identifica con quella dell’Amministratore pubblico. Per i presentatori della lista l’essere un amministratore pubblico attuale o del passato (consigliere comunale, assessore, sindaco o ex, consigliere regionale, membro della comunità montana) è un dato di qualità, di fiducia, di sicurezza, di riconoscenza, di consenso, di competenza, di concretezza, di costanza, di appartenenza. In sostanza, l’insieme di queste attribuzioni costituisce il prototipo del buon candidato che va dalla destra alla sinistra.Ne consegue che, con qualche differenza di tendenza, le liste sono composte di candidati noti e conosciuti e sono pochi o abbastanza pochi i nuovi candidati che compaiono nelle liste.Il modo di concepire il consenso, da parte dei referenti politici attuali, sul piano organizzativo è simile e risponde a questa equazione: [Amministratore = + voti], più amministratori in lista più voti. È un’ipotesi di vendita che può avere un senso, ma quando tutti gli strateghi del marketing la pensano allo stesso modo, c’è qualcosa che non va.Anche questa è una costante comune. Quasi tutti i candidati in lista sono presenti in organismi pubblici, alcuni con già più cariche e inoltre occupano posti decisionali nei rispettivi ambiti di appartenenza politica. In questo modo gli stessi si candidano, si legittimano e si definiscono, alcuni senza saperlo, come una lobby professionale che possiede un prodotto, un marchio, copy rai che va promosso, difeso, accudito. L’insieme così costituito s’identifica come una lobby composta di gruppi di professionisti che promuovono un proprio marchio che può vincere più facilmente se trova un giusto abbinamento.Sotto quest’aspetto non c’è differenza tra le parti in gioco, ma tutto questo denota una certa fragilità strutturale, c’è il rischio che, essendo l’impasto lo stesso, i clienti, cioè gli elettori si discostino dall’acquisto.Risultati di questa natura, con motivazioni diverse, si sono già verificati in Sardegna e in Abruzzo da pochi mesi, però la cosa non importa se la media della popolazione che va votare cade sotto la media ponderale delle altre votazioni. L’importante per i gruppi che compongono la lobby è raggiungere quel voto in più che permetta di legittimare il proprio marchio, non è fondamentale il numero dei partecipanti. Vince chi prende più voti. È questo l’obiettivo che si pone di raggiungere. A differenza del mercato, in linea di massima, poi non è sempre così, vince chi è in grado di impostare un prodotto innovativo, attuale e funzionale.Il compratore sicuro di quel marchio risponde a tre caratteristiche di fondo del prodotto: fiducia, sicurezza e identificazione. Questo è la rappresentazione dello standard di base, ma per raggiungere l’obiettivo della vittoria bisogna caratterizzare il più possibile il marchio, lo stile, la qualità e occorre anche distribuire il proprio prodotto nei vari strati sociali (maggior stratificazione) in modo tale di fare conoscere la specificità del proprio marchio.In questo caso ciò che è omogeneo sono gli stessi promotori perché tutti si presentano con la stessa casacca, l’unica cosa che si nota è la differenza dell’altezza, il numero delle scarpe, il taglio dei capelli, la circonferenza della vita, l’abbronzatura del volto, il marchio del vestito, il tono della voce, il movimento delle mani, lo sguardo se è intenso o profondo. Con questa scelta si vuole rassicurare la standardizzazione dell’elettorato e non si vuole rischiare. Infatti, sono poche le liste che si presentano da sole e sono quelle che si caratterizzano con un marchio fortemente connotato a destra o a sinistra. Ciò che colpisce è questo processo d’identificazione nell’essere amministratore. Non è importante la professione, la personalità, la criticità, la qualità, l’impegno sociale tutto ciò è secondario, è sullo sfondo e fatica a emergere perché la qualità è fissata con un abito indifferenziato che è quello dell’amministratore che non ha età, non ha professione, non ha personalità.Non è detto che essere amministratori corrisponda per definizione a qualità, anzi sollecita dubbi e preoccupazione all’elettore. Però, a parte tutto, con tutte le criticità che vi sono, l’elettore svolge una funzione importante che è quella di poter scegliere nell’indifferenziato quel qualcosa che è più consono al suo sentire. È poco, ma è fondamentale per impedire che tutto cada nel de jea vou.
Dott. Enrico Magni
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