Il turismo italiano al bivio: servono manager capaci

Per competere sui mercati occorre un salto di qualità che consenta al sistema di superare alcune fragilità strutturali. Marco Grumo è il direttore del nuovo corso executive in International Tourism&Hospitality Management di Unicatt

Il turismo made in Italy deve far fronte alle sfide della concorrenza globale, perciò per competere serve un salto di qualità per superare alcune fragilità strutturali, dalle dimensioni aziendali ad aspetti economico-finanziari, ai passaggi generazionali, fino alle strategie di sistema da potenziare.

Le risposte sul come fare arrivano dal nuovo corso executive in International Tourism&Hospitality Management promosso dall’Università Cattolica in collaborazione con Federalberghi Lombardia, Federalberghi Milano-Lodi-Monza Brianza, e Capac Politecnico del Commercio e del Turismo, storica fondazione no profit di riferimento di Confcommercio che opera nella formazione professionale. Il corso è stato presentato lo scorso 4 luglio nella sede milanese dell’ateneo nell’incontro dal titolo “Il nuovo turismo globale e le sfide delle imprese turistiche made in Italy”, durante il quale i risultati di un’indagine su 941 imprese alberghiere lombarde dal 2005 al 2023 hanno mostrato che se per le prime 50 imprese, con in media 251 dipendenti, il fatturato è di 44,1 milioni di euro, per le restanti 891 e una media di 18 dipendenti si aggira sui 2,7 milioni. Dimensioni notevolmente inferiori rispetto agli standard delle grandi catene alberghiere, altamente finanziarizzate e gestite secondo logiche manageriali avanzate, a livello sia italiano sia internazionale. L’indagine è di Marco Grumo, direttore scientifico del corso executive e professore di Economia aziendale in Università Cattolica.

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