
Cronaca / Morbegno e bassa valle
Lunedì 09 Giugno 2025
Bitto contraffatto, chiusa l’inchiesta:
a novembre in aula sette imputati
Le indagini hanno messo in luce che alcune aziende aderenti al Consorzio avrebbero infranto il disciplinare di produzione. Stralciata la posizione di Michele Codega, allevatore di Colorina
Morbegno
Si è chiusa l’inchiesta, sul presunto formaggio Bitto contraffatto, con la fissazione della data dell’udienza preliminare davanti al gup del Tribunale di Sondrio, Antonio De Rosa, per la valutazione delle posizioni degli imputati che, dagli otto iniziali allora ancora nelle vesti di indagati, confermati pure dopo la trasmissione dell’avviso di conclusione contenuto nel 415 bis del Codice penale, sono scesi a sette (stavolta imputati) in quanto c’è stato il proscioglimento dell’allevatore-produttore Michele Codega di Colorina, difeso dall’avvocata Ausilia Fumasoni di Sondrio.
«Michele Codega - scrivono i magistrati, il procuratore Piero Basilone e il sostituto Stefano Latorre - ha richiesto l’interrogatorio, reso in data 27 febbraio 2025, e in pari data veniva depositata dal difensore di fiducia dell’indagato una memoria difensiva. A seguito di doverose valutazioni, la posizione di Codega è stata stralciata ed è stata separatamente formulata nei suoi confronti richiesta di archiviazione».
Le indagini hanno messo in luce che alcune aziende aderenti al Consorzio - per la verità una stretta minoranza - avrebbero infranto il disciplinare di produzione del rinomato formaggio Bitto e, pertanto, tradito il patto di fedeltà con i consumatori. Un fatto grave, se dovesse venire confermato, che si configurerebbe come frode alimentare. Nel corso dell’inchiesta gli investigatori hanno raccolto una ricca documentazione relativa agli acquisti di mangime (registri d’alpeggio e documenti contabili come i bonifici bancari per gli acquisti del mangime finiti sotto la lente) che, incrociata con i messaggi e-mail e le chat intercettati agli imputati e a terze parti, “palesa l’esistenza di tecniche elusive atte a perpetrare la frode”.
Le indagini si sono avvalse di perquisizioni, sequestri, accertamenti tecnici e acquisizione di documenti anche contabili che avrebbero, tra l’altro, fatto emergere la somministrazione di mangime alle mucche non conforme per qualità e quantità, quest’ultima eccessiva rispetto ai dettami del protocollo di produzione per il Dop. I controlli furono effettuati dall’Icqrf (Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari) e dalla Guardia di Finanza del Comando provinciale di Sondrio, guidata dal colonnello Giuseppe Cavallaro, avviati nell’estate del 2022. Il Consorzio di Tutela Valtellina Casera e Bitto - che dal 1995 opera in Valtellina per difendere l’unicità dei due formaggi DOP valtellinesi e tutelarli da qualsiasi imitazione e promuoverli sul mercato nazionale ed internazionale – precisò che qualora l’inchiesta evidenziasse eventuali responsabilità dei singoli produttori, esse non vanno in alcun modo considerate come rappresentative della filiera produttiva del formaggio Bitto DOP.
«Il Consorzio – affermò nei mesi scorsi il presidente Marco Deghi - condivide l’obiettivo del lavoro della Procura e tutte le attività di controllo preventivo atte a preservare la fama e la reputazione della certificazione DOP e a sostegno dell’attività dei Consorzi di Tutela. Prendiamo le distanze da qualsiasi eventuale uso improprio del marchio DOP da parte di soggetti che non operano nel rispetto del rigoroso Disciplinare di Produzione del Bitto DOP e da qualunque attività illecita perpetrata ai danni dell’immagine del Consorzio e di tutta la filiera».
Nell’udienza preliminare, fissata al 6 novembre, dovranno comparire Isidoro Motta di Albaredo per San Marco, Claudio Tavasci di Prata Camportaccio, Gabriele Pedretti di Mese, Maurizio Pedroncelli di Piantedo, Marco Scarinzi di Fusine, Giulio Tocalli di Berbenno e Claudio Bertolini di Forcola. Le ipotesi accusatorie per tutti: contraffazione di prodotti Dop e Igp in concorso e per i soli Scarinzi e Bertolini in concorso anche l’imputazione di erogazioni pubbliche percepite indebitamente.
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