Grosio dice addio a Domenica Besseghini, memoria del paese

La comunità piange la donna che ha attraversato un secolo di storia, lasciando un segno indelebile con la sua saggezza e generosità verso i nipoti

Grosio

Sono rimaste due le ultracentenarie grosine. Ha lasciato l’esclusiva compagnia Domenica Besseghini, che aveva festeggiato l’invidiabile traguardo del secolo di vita il 1 ottobre. Si è spenta venerdì. Due feste aveva avuto per il traguardo. La prima, denominata «la festa del secolo» nella residenza per anziani di Grosio, la fondazione “Visconti Venosta”, a settembre condivisa con altre due coetanee: Lilliana Mottini di Fusine, ospite in casa di riposo come lo era lei, e la compaesana Maria Rinaldi.

Successivamente, il giorno esatto dei suoi 100 anni era stata festeggiata dai parenti. La veterana di Grosio è Eugenia Pruneri, del 1923. Nei giorni scorsi era mancata anche la prima e finora unica centenaria di Livigno, Adele Bormolini. I funerali di Domenica Besseghini saranno celebrati questa mattina (lunedì) alle 10 nella chiesa parrocchiale di San Giuseppe. Ora Domenica potrà finalmente riabbracciare il suo Gino Pini “Pèdusc”, mancato nel 2002, l’amato marito col quale era stata sposata per oltre mezzo secolo.

Domenica Besseghini era la veterana della casa di riposo per anni di permanenza. «Nonna Me», come la chiamano tutti nipoti e pronipoti, a 87 anni aveva dovuto fare i conti con la malattia, si temeva il peggio, invece la casa di riposo di Grosio le ha regalato una nuova vita, riabilitazione e stimoli nuovi l’hanno ricaricata. Anche sul manifesto funebre, come aveva fatto in occasione della festa del centenario, la famiglia ha ringraziato il personale, infermiere e medici che per 14 anni l’hanno accudita quotidianamente. Domenica aveva vissuto lo scenario della Seconda guerra mondiale e spesso ricordava con leggerezza e simpatia quando con un’amica scendeva da monte, schermandosi dietro un asino per evitare gli attacchi del coprifuoco tedesco. Lei aveva aspettato il suo Gino, prigioniero in America, e quando è tornato nel 1946 si sono sposati. Insieme si sono dedicati all’allevamento, all’agricoltura e alla macelleria di famiglia.

Nonna Me, oltre a tre figlie e relativi generi, lascia ben 17 fra nipoti e pronipoti. Tanto amava i bambini: leggeva le storie, raccontava gli indovinelli e costruiva barchette e cappellini di carta, insegnando come con poco si potesse avere tanto. A Natale poi regalava pantofole morbide per tutti, colorate e indistruttibili, frutto del suo sferruzzare rapido e musicale. Questo sarà un Natale diverso per la famiglia, senza i suoi doni e la sua saggezza.

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