
Cronaca / Sondrio e cintura
Sabato 28 Settembre 2013
Brusio, testimone minacciato
«Se apri bocca sei morto»
«Mi è arrivata una lettera anonima: “Se parli e non ritratti le cose che hai detto ai Carabinieri ammazziamo te e tutta la tua famiglia”».
La bomba ha colto tutti di sorpresa. A lanciarla, nell’udienza di ieri mattinaa Mauri Agosta Del Forte, uno dei testimoni del processo a carico dei due presunti autori del delitto di Brusio del 21 novembre 2010.
Agosta, assieme all’amico Giancarlo Scabini, l’altro testimone esaminato ieri, nei mesi che precedono l’omicidio dei coniugi Gianpiero Ferrari e gabriella Plozza, aveva fornito ai due indagati le schede telefoniche con falsa intestazione per eludere le intercettazioni.
Anche, Ezio Gatti, classe ’70, di Castione, e Ruslan Cojocaru, moldavo dell’81, accusati di essere rispettivamente il mandante e l’esecutore materiale del duplice omicidio a colpi di arma da fuoco, si sono detti sorpresi per le rivelazioni di Agosta. «Non lo sapevo e mi dispiace» ha voluto dire Gatti al microfono. Ma non è stato l’unico colpo di scena dell’udienza.
Prendendo in controtempo la Corte d’Assise del Tribunale di Sondrio, l’avvocato Carlo Taormina, difensore del valtellinese indagato, ha contestato la legittimità delle testimonianze di Agosta e Scabini, milanese che opera nel campo della telefonia.
«Hanno commesso dei reati connessi a quello per cui si procede: devono essere indagati e interrogati come tali, assistiti da un avvocato e con la possibilità di non rispondere. Quella della Procura è una grave omissione» l’eccezione sollevata dal celebre penalista.
Dopo alcuni minuti di camera di consiglio, è arrivata la decisione del presidente Pietro Della Pona: «La Corte non ravvisa elementi di reità a carico dei due testimoni. Per questo motivo l’eccezione è respinta».
All’avvocato Taormina resta in mano una carta da giocare anche più avanti, magari sul tavolo della Cassazione, quando ci sarà da valutare la legittimità delle prove.
Mauro Agosta , un non meglio precisato imprenditore di Casalmaggiore, in provincia di Cremona, non ha avuto problemi ad ammettere di essersi adoperato per procurare a Gatti, conosciuto nello studio di un commercialista, alcune sim ricaricabili che in gergo vengono “sicure”, vale a dire intestate a persone che non ne sanno niente, magari straniere, o addirittura a persone decedute o che non esistono.
Minacce o non minacce, il testimone ha parlato. «La lettera era indirizzata a Giancarlo (Scabini) - le rivelazioni del testimone -. Conteneva le minacce di morte per me e per la mia famiglia. e l’invito al destinatario di recapitarmi il messaggio e di convincermi a lasciare perdere. Sono andato subito a portarla ai Carabinieri».
Fissato intanto un fittissimo calendario di udienze per sentire in tempi più brevi possibile i venti testimoni che ancora devono essere esaminati.
Si riprende quindi già mercoledì, pi ci saranno altre tre udienze a ottobre, quattro a novembre e una a dicembre.
Tutto questo allo scopo di stringere il più possibile i tempi, in modo da arrivare alla sentenza di primo grado entro il prossimo mese di febbraio. Diversamente scadrebbero i termini per la detenzione e i due imputati tornerebbero liberi, quantomeno temporaneamente.
Particolarmente ricca la lista dei testimoni richiesti dalla difesa. Tra questi il fratello di Gianpiero Ferrari e i componenti di tutta la sua famiglia.
Test chiave (o quantomeno uno dei test da cui ci si aspettano indicazioni importanti) potrebbe rivelarsi l’autotrasportatore di Poschiavo Sergio Paganini, accusato dagli inquirenti svizzeri di essere la persona che avrebbe ideato il delitto. Il vero mandante, insomma, secondo Taormina.
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