Dante fa scuola
e affascina il pubblico

Primavere di Lecco, teatro pieno per la lezione di Franco Nembrini che avvicina il sommo poeta al sentire comune. «Rimasi folgorato a 11 anni: i versi di Cacciaguida interpretavano alla perfezione i miei sentimenti».
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Dante Alighieri ha riempito completamente il Teatro della Società e di questi tempi già questa è una bella notizia. Tantissima gente ha accolto ieri sera Franco Nembrini per il terzo incontro delle Primavere di Lecco. La serata, dedicata a “Dante poeta del desiderio”, è stata introdotta dal direttore de “La Provincia”, Diego Minonzio, e dal responsabile dell’edizione di Lecco, Vittorio Colombo. «Uno dei tanti luoghi comuni è che Dante come Manzoni sia un autore paludato e fuori moda – ha detto Minonzio – ebbene la sfida di Franco Nembrini è quella di dimostrare che Dante è un autore per tutti, all’origine della nostra cultura ed è di grande attualità». ISCRIVITI QUI AI PROSSIMI INCONTRI

Franco Nembrini ha iniziato raccontando alcuni aneddoti della sua vita ed in particolare quello che è stato il suo primo incontro con Dante: «È avvenuto che avevo 11 anni. In quel periodo stavo lavorando in una gastronomia a Bergamo. Una sera ero stanco morto e stavo per andare a letto quando mi dissero di scaricare un furgone. Dovetti portare in cantina casse di acqua minerale e di vino. Mi venne da piangere ma nello stesso istante mi ricordai una terzina della Divina Commedia, quella in cui il trisavolo Cacciaguida, nel XVII canto del Paradiso, preannuncia a Dante che da Firenze andrà in esilio a Verona: «Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e ’l salir per l’altrui scale. Tu proverai quanto ha sapore amaro il pane mangiato alla mensa di altri e quanto è umiliante cammino lo scendere e il salire per le scale altrui».

E Nembrini ha poi accennato all’universalità di Dante, che sa parlare agli studenti dell’Ucraina, piuttosto che della Sierra Leone o del Kazakistan. Universalità che nasce dal compito che Dante stesso si è proposto, ovvero aiutare gli uomini a passare dallo stato di miseria allo stato di felicità; aiutare il mondo ad essere più felice. «Per capire qual è il “mistero” della Divina Commedia – ha detto ancora Nembrini – dobbiamo partire dal prenderlo sul serio e considerarlo vivo e vero, ovvero entrare in rapporto con lui. Solo così Dante non sarà più solo un mattone, un autore che è ormai lontano da noi ma ci parlerà veramente e saprà rispondere alle nostre domande».
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