
Cronaca
Giovedì 31 Agosto 2017
Spacciatori sempre più agguerriti
«Tecniche militari per incastrarli»
L’operazione nel Sondriese: i pusher locali alzano il tiro e mettono in campo una vera organizzazione. Oggi gli interrogatori degli arrestati finiti in carcere dopo il blitz messo a segno dai Carabinieri.
Dopo otto mesi di indagini, per le quali gli investigatori dell’Arma hanno dovuto utilizzare delle tecniche che fanno parte del repertorio militare, il quadro delle accuse è chiaro e dettagliato. Manca ancora la voce della difesa, o meglio delle difese. Gli indagati finiti in carcere per mano dei Carabinieri nella retata di lunedì mattina potranno raccontare la propria verità oggi, quando saranno sentiti dal giudice per le indagini preliminari Fabio Giorgi.
I cinque, assieme ad altre quattro persone, tutte colpite dalla misura degli arresti domiciliari, sono accusati di aver gestito per mesi un grosso giro di spaccio di cocaina, eroina e funghi allucinogeni nei boschi di Caiolo, Faedo e Postalesio. Il particolare dello spaccio nei boschi non è secondario e non va circoscritto a una semplice notazione di colore. Al contrario, sottolinea quella che il procuratore capo Claudio Gittardi ha definito una solida «professionalità a delinquere» da parte degli spacciatori finiti nella rete dei Carabinieri. L’operazione “Bad Runner” conclusasi con la retata di lunedì ha anche dimostrato il salto di qualità fatto dallo spaccio locale.
Da una serie di pusher-consumatori che agivano senza coordinarsi più di tanto tra loro si passa a una vera e propria organizzazione verticistica, con ruoli ben precisi e compiti definiti nel dettaglio. Con un’organizzazione così, la banda era in grado di fornire droga a un gran numero di consumatori. Sono 160 quelli identificati e arrivano da tutta la provincia. Si parla di oltre mille cessioni. L’insolito viavai non era sfuggito alle persone che vivono vicino ai boschi utilizzati come base operativa. Ed era partita la segnalazione ai Carabinieri. Da lì a prendere qualcuno sul fatto, ce ne passava eccome.
«Sembravano fantasmi - ha spiegato il maresciallo Raffaele Sicignano del Norm -. Vedevamo il flusso dei consumatori, ma appena si avvicinava qualcuno di sconosciuto, gli spacciatori sparivano. Per venirne a capo abbiamo dovuto utilizzare delle tecniche di tipo militare, raggiungendo i boschi all’alba, prima dell’arrivo degli indagati, e mimetizzandoci per non farci scoprire».
Soltanto così è stato possibile piazzare le telecamere nascoste, identificare i soggetti, metterne i telefoni sotto intercettazione e, alla fine, stringere il cerchio fino alla richiesta di ordinanza di custodia cautelare.
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