Lavoro e giovani nel Lecchese: cresce il numero dei Neet

Il 15° rapporto dell’Osservatorio provinciale sul mercato del lavoro fotografa un territorio dinamico ma segnato da nuove criticità. A preoccupare è soprattutto il raddoppio dei giovani “Neet”- che non studiano e non lavorano - passati dal 3% al 5% in un anno. «Serve un nuovo equilibrio tra vita e impiego», afferma il consigliere provinciale delegato Antonio Pasquini.

Lecco

«Ci è sembrato naturale concentrare questo quindicesimo rapporto dell’Osservatorio provinciale sul mercato del lavoro sul tema ‘Il mondo del lavoro alla ricerca di giovani’. È un tema centrale, perché rappresenta la sfida principale per tutta la provincia», spiega Antonio Pasquini, consigliere provinciale delegato a Centro impiego, Formazione professionale e Istruzione.

Il mercato del lavoro lecchese mostra dati positivi rispetto ad altre province, ma non mancano segnali preoccupanti. Tra questi, il raddoppio in un solo anno della percentuale di giovani “Neet” - ovvero giovani che non studiano e non lavorano –, salita dal 3% del 2023 al 5% del 2024. Questo dato indica un’area critica su cui intervenire.

«Da qui nasce la decisione di chiamare il rapporto proprio ‘Il mondo del lavoro alla ricerca di giovani’ – continua Pasquini – perché le azioni che stiamo mettendo in campo sono orientate a un orizzonte temporale di lungo periodo, guardando almeno vent’anni avanti».

Il focus è infatti su orientamento e formazione: dalle attività con la Provincia alla Giornata post-diploma e agli incontri Its e con le scuole superiori, l’obiettivo è far capire ai giovani quali sono le competenze richieste dal mercato del lavoro odierno. È cambiata la percezione del lavoro rispetto al passato. «Se vent’anni fa la remunerazione era uno dei principali fattori di scelta per i giovani, oggi ciò che conta è l’ambiente di lavoro, il rapporto con i colleghi e soprattutto la possibilità di conciliare vita privata e professionale».

Questa tendenza è confermata anche dalla collaborazione con il Politecnico di Milano su un progetto per un welfare aziendale innovativo, che punta a rispondere a queste nuove esigenze. Un’altra sfida importante riguarda il calo demografico che si riflette sul numero di giovani che entrano nel mercato del lavoro, fenomeno già avvertito a partire dagli anni 2000. A questo si somma il cosiddetto “mismatch”, ovvero la distanza tra domanda e offerta di lavoro: spesso le imprese cercano profili con competenze scientifiche e capacità di problem solving, ma la formazione offerta non è sempre allineata. «Le imprese chiedono giovani laureati e diplomati soprattutto nelle materie scientifiche – sottolinea Pasquini – ed è per questo che promuoviamo percorsi formativi tecnici e scientifici e Its che preparano i ragazzi con competenze immediatamente spendibili nel mondo del lavoro».

I dati mostrano infatti un saldo positivo fra nascite e cessazioni d’impresa nel territorio lecchese, segno di un tessuto imprenditoriale attivo e dinamico, ma con qualche nuvola all’orizzonte dovuta a difficoltà congiunturali nel settore manifatturiero.

La sfida, insomma, è duplice: da un lato, evitare che un numero crescente di giovani resti fuori dai circuiti di studio e lavoro; dall’altro, garantire un’offerta formativa che risponda alle reali esigenze delle imprese. «I percorsi 4+2, che partiranno da settembre, sono un’ottima opportunità perché offrono un approccio immediato e pratico al mondo del lavoro in continua evoluzione», spiega Pasquini. Il rapporto conferma inoltre come la qualità della vita lavorativa e il benessere siano oggi fattori decisivi nelle scelte dei giovani. Non si tratta più solo di stipendio, ma di trovare un equilibrio sostenibile fra esigenze lavorative e personali. Questa nuova sensibilità va accompagnata da politiche attive, orientamento mirato e un dialogo costante tra scuole, università, imprese e istituzioni.

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