Sentite questa, capitata di fresco: due domeniche fa sui bricchi di Valmadrera, un cane è stato morso da una vipera. Il padrone (si può ancora definirlo così?) ha chiamato con urgenza i soccorsi. S’è librato in volo un elicottero dei vigili del fuoco per salvare l’animale in un batter d’occhio. Sono commosso, ma qualche domanda me la pongo. Non era il caso forse di interpellare un veterinario o cercare una soluzione meno spettacolare e costosa? Comunque chapeau ai pompieri che sanno muoversi con eguale entusiasmo per un’alluvione o un rettile velenoso. Il costo dell’intervento - cento euro al minuto - lo paghiamo noi, animalisti sfrenati e non, oppure il titolare del quadrupede? Mi auguro almeno non si chiami Luca come il bassotto di un mio vecchio compagno di scuola, incontrato dopo un secolo con la moglie. La loquace consorte s’è poi congedata con un becero: “ecco i miei due evangelisti preferiti, Luca e Marco”.
Non faccio distinzioni tra bipedi e quattrozampe.
Trent’anni fa rischiai di finire in causa con il presidente del Soccorso alpino lecchese, il compianto Gianattilio Beltrami, che andò su tutte le furie per un mio pezzo nel quale chiedevo a chi toccasse rimborsare i 7 milioni di lire costati per un soccorso ai piedi della Grigna di una “sciura” milanese salita su per la Cermenati con un tacco 10, rimediando una distorsione alla caviglia. Avevo sostenuto che la benestante e imprudente (sportiva) cittadina del Duomo avesse almeno la sensibilità e il senso civico per saldare il conto. Niente da fare: le regole sono regole e devono valere per chiunque, il cassintegrato e l’imprenditore. Ora non voglio menarla più di tanto, ma traggo spunto per dichiarare il mio agnosticismo animalista da contrapporre ai ciechi fideisti. Ho profondo rispetto per gli animali, molto meno per chi li tratta come giocattoli, e se lasciano ricordini liquidi e solidi in strada, spesso se la da a gambe. Così come riaffermo la non parità tra genere umano e specie animale. Tra un vicino di casa e il suo cane, mi sento più affine al vicino e talvolta temo i denti aguzzi dei batuffoli che ti mordicchiano i pantaloni.
Sto sul personale. Ho ragione di credere che la mia mancanza di affinità e destrezza con i cani e i gatti risalga a un’esperienza da calzoni corti. Il secondo piano della casa nella quale abitavo, alle falde del San Martino, si apriva su un ampio prato adibito a scuola di addestramento di cani.
Feci conoscenza, mai amicizia, con Simba e Maya, due pastori tedeschi capaci di meraviglie tipo recuperare un fazzoletto o una pallina a un chilometro di distanza dopo averli bene annusati. Bell’exploit ma forse da lì cominciò la mia malinconica diffidenza verso il circo laddove gli animali fanno gli uomini e viceversa. Ma a colpirmi fu la scia di sangue che schivai sulle scale tornando da scuola e le urla dell’addestratore che fu aggredito da un cane lupo nero, che gli era stato affidato perché gli mitigasse il carattere. Il signor Fulvio, imprenditore e addestratore, se la cavò con 120 punti di sutura e sei mesi di convalescenza.
Sono ancora vivi e lucidi i testimoni, pronti a confermare quel raccapricciante episodio. Non mi spaventano gli anatemi del popolo cinofilo, tantomeno quello di un mio fraterno amico che in tarda età s’è preso una cotta per un barboncino, dal mitologico nome Milos, che custodisce come il prediletto collega Stefano ha cura della sua bellissima figlioletta Linda. Come dire che ormai gli animali attraversano le nostre esistenze con amore e furore e il dibattito sulla loro sepoltura è risorto anche in questi giorni dei morti.
Ma non posso chiudere qui dimenticando l’avventura picaresca della mucca Minerva. Sfuggita da più di una settimana da un macello di Correzzana, la bestia - sulle prime scambiata per un toro - da giorni vaga nella valle della Nava come una fuorilegge, trasformando le radure della Brianza “nebbiosa e velenosa” tanto cara a Battisti e Mogol nel set di un western all’americana. La cercano con i droni, ma a Minerva fanno un baffo. A provare a salvare questa vacca cocciuta, riluttante a finire in bistecca, è super impegnata l’onorevole Michela Vittoria Brambilla, l’Ape regina del mondo animalista.
La rossa calolziese ha acquistato la fuggitiva dichiarandolo a reti unificate, come nel suo stile e implorando di rintracciarla senza ricorrere a lacci e forconi . A coronare questa vicenda che non trasformerà certo la terra del Lambro in quella bagnata dal Gange (dove la mucca è sacra) ha provveduto la Rete dei santuari degli animali liberi che ha sparato contro l’ex ministro accusandola di perpetrare la mercificazione degli animali. Me ne vengono in mente a bizzeffe di storie ben lontane dalle favole di Esopo, ma chiudo qui non dimenticando che proprio in questi giorni è scoppiata la grana dei lupi e, nelle valli vicino a noi, gli orsi sono tornati a far colazione con gli asini, laddove non sono d’accordo con chi sostiene che sia un pasto “naturale”. Chi risarcisce gli allevatori? Io una soluzione l’avrei: indirizzerei gli orsi in qualche giunta comunale dove gli assessori somari abbondano e favorirebbero una scorpacciata tra scroscianti battimani. Si scherza, ovviamente, ma non troppo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA