la bomba
atomica:
perché tutti
la vogliono

Possedere la bomba atomica è ormai per le autocrazie e per le dittature l’unica garanzia di sopravvivenza al ritorno prepotente della diplomazia delle Grandi Potenze.

Questa è la ragione per cui gli ayatollah in Iran faranno carte false pur di continuare a sviluppare il loro programma nucleare. Lo stesso vale per la Corea del Nord che dovrebbe già disporre di una cinquantina di testate. La corsa alla bomba atomica non si ferma certo qui. Anzi: Vladimir Putin ha già rilanciato.

All’indomani del recente bombardamento Usa dei tre siti in Iran, il capo del Cremlino ha infatti promesso che Mosca rafforzerà la cosiddetta “triade”, ossia la struttura militare che controlla in aria, sul terreno e in mare l’arsenale nucleare. Avere una “triade” – ce l’hanno solo Usa, Russia, Cina, India e forse Israele - significa essere in grado di rispondere a più attacchi (o lanci isolati) nucleari.

Quindi, per semplificare: una sola bomba atomica o più testate a disposizione non bastano: la risposta automatica, garantita dalla “triade” anche in un secondo momento, assicurerebbe la distruzione sicura dell’attaccante. Il livello di deterrenza rimane, pertanto, elevato e inalterato.

La novità dell’ultimo tribolato periodo è, però, un’altra. All’improvviso Iran e Corea del Nord hanno sparato a sorpresa dei missili supersonici - tecnologia di cui si era vantato negli anni scorsi Vladimir Putin -, capaci di bucare gli “scudi” (difese) anti-aeree, come l’israeliano “Iron Dome”. E se, ci si chiede, sopra fosse stata montata una testata nucleare?

Il non aver voluto così con forza il capo del Cremlino come mediatore indica che Gerusalemme ha un’idea su come e da dove siano arrivati i missili supersonici a Teheran. Nei “12 giorni” di guerra ultratecnologica tra Iran e Israele si è osservato come saranno le ostilità nel XXI secolo. L’epilogo alla Disney – come lo sbarco in Somalia dei marines con le telecamere della CNN già ben posizionate sulle spiagge di Mogadiscio nel 1993 – e la risposta telefonata degli ayatollah su Doha ci dicono solo che finora è prevalsa la volontà di non farsi poi troppo male.

Ma in che stato sono oggi i siti bombardati? Dove sono i 400 chili di uranio arricchito al 60%, ora scomparsi? Al 90% si costruisce la bomba.

Dalle informazioni contraddittorie Usa (Pentagono e Cia non appaiono d’accordo) e dalle dichiarazioni dell’Aiea (l’Agenzia atomica internazionale) è meglio che non si faccia illusioni chi spera che il programma nucleare iraniano sia oggi uscito distrutto. Troppe cose non tornano.

A meno che non si punti sul “regime change”, su un cambio di regime, anche perché la Guida suprema Khamenei ha ben 86 anni. Forse è venuto il momento di passare la mano e di riportare dopo decenni l’Iran nella comunità internazionale con una dirigenza presentabile?

Le prossime settimane ce lo diranno. Ma intanto fa tremare i polsi il rapporto 2025 del Sipri, appena pubblicato, sulla corsa al nucleare. La Cina ha aggiunto in un solo anno ben 100 testate nucleari al suo arsenale: di questo passo nel 2030 ne avrà ben mille. Nel gennaio 2025 erano 12.241 le testate nucleari registrate ufficialmente a livello mondiale con 9.614 negli arsenali. Di queste 3.912 dislocate su missili o aerei. 2.100 sono operative ed appartengono per il 90% a Russia e Stati Uniti.

Il trattato “Nuovo Start”, in scadenza ad inizio gennaio 2026 tra Russia e Usa, potrebbe non essere rinnovato senza che la Cina – libera da qualsiasi obbligo non sia costretta a parteciparvi. Trump potrebbe mettere il veto. E allora altro che dolori iraniano-israeliani.

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