
Capiterà sempre più spesso che all’improvviso tutto si spenga. I termometri sopra i 35 gradi, l’asfalto che si scioglie e la rete elettrica che cede, con i cavi dilatati dal caldo torrido, il blackout, improvviso come un temporale estivo.
E ci ritroveremo a riflettere, magari mentre siamo bloccati in ascensore – sull’importanza del frigorifero, sulla salvezza del condizionatore, sulla Tv spenta, sulla vita insopportabile senza wi fi e magari – per chi ce l’ha - sull’auto elettrica che non possiamo più ricaricare. Non è solo una questione di disagi. È un avvertimento. La modernità è fragile come lo stelo di un papavero. Siamo entrati in una nuova era, quella del collasso energetico intermittente.
È il segno di una transizione incompleta, quella energetica, figlia della discordia internazionale. Una transizione che abbiamo auspicato — giustamente — ma che non abbiamo saputo governare. A livello geopolitico, mentre l’Europa progettava un sistema green di energia pulita in Cina si costruivano centrali a carbone una dietro l’altra e l’America difendeva i suoi impianti a petrolio, combustibili fossili e gas. Oggi stiamo pagando l’illusione che bastassero i pannelli solari sul tetto per salvare il mondo.Ma quando il caldo si fa estremo — e succederà sempre più spesso — serve una rete capace di reggere il picco di domanda di refrigeratori privati e industriali, ventilatori, pompe di calore in modalità di raffrescamento e naturalmente condizionatori. E quella rete attualmente non c’è.
Le recenti ondate di calore che stanno investendo l’Europa, gli Stati Uniti e altre aree dell’emisfero settentrionale sono un ulteriore segnale. Il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato, mentre maggio 2025 è stato il secondo maggio più caldo della storia a livello globale. L’impatto si fa sentire: sulla salute pubblica, sull’ambiente, sull’economia. Le temperature estreme continueranno a crescere nei prossimi giorni, compromettendo la produttività del lavoro e la stabilità sociale. Allianz Trade, in un’analisi recente, calcola che lo stress da calore ha già fatto perdere il 2,2 per cento delle ore lavorative mondiali: circa 80 milioni di posti a tempo pieno. E il conto per l’Italia è ancora più salato: nel 2025 perderemo l’1,2 per cento del Pil, il doppio rispetto alla media europea. Un giorno con oltre 32 gradi è come mezza giornata di sciopero. In Italia, secondo Terna, i consumi elettrici di giugno sono aumentati del 6,5% rispetto all’anno precedente. Non per l’industria, che anzi rallenta, ma per i condizionatori. L’energia è diventata un circolo vizioso: più caldo e dunque più climatizzazione, più consumo più rischio di blackout.
Secondo il Gestore dei servizi energetici le energie rinnovabili coprono il 40% del fabbisogno elettrico nazionale, ma con forti discontinuità: il fotovoltaico funziona solo di giorno, l’eolico solo se c’è vento. Senza accumuli efficienti, l’Italia resta esposta. Intanto abbiamo dismesso il nucleare, e, soprattutto dopo l’inizio della guerra in Ucraina, ricorriamo a centrali a gas e a carbone per reggere i picchi.
La verità è che la nostra civiltà elettrica si fonda su una bugia, anzi su un’illusione: l’energia infinita e disponibile sempre, come l’acqua del rubinetto. Ma non è così. Se non affrontiamo questo nodo con politiche energetiche adeguate non solo a livello nazionale ma a livello europeo e addirittura mondiale con realismo e investimenti, la modernità rischia di spegnersi a intermittenza, condannandoci all’epoca della fragilità. Come nel blackout di Cuba in febbraio. Come in quello di Spagna e Portogallo, in aprile.
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