Criptovalute, va regolato il “Campo dei miracoli”

Ricordate Pinocchio? Con una metafora presa dal capolavoro di Collodi il presidente della Consob, Paolo Savona, nel suo settimo e ultimo Discorso al mercato, ha paragonato il boom delle criptovalute al «Campo dei miracoli», dove «l’illusione di facili guadagni» nasconde rischi enormi.

Il numero uno dell’Authority, economista liberale dotato di vis polemica e sguardo geopolitico, si è soffermato anche sul “risiko bancario”, cioè i continui tentativi di accorpamento dei nostri istituti di credito a suon di Offerte pubbliche di acquisto (spesso ostili). Un risiko piuttosto selvaggio, più simile a un Far West, visto che dall’avvio di sei Offerte per un valore di 40 miliardi sono scaturiti 52 esposti, di cui fanno parte quelli di Mediobanca e di Banco Bpm. Un passaggio della sua relazione riguarda anche i poteri speciali del governo, il cosiddetto golden power, il potere speciale che gli consente di intervenire quando sono in ballo interessi strategici nazionali. Potere speciale a suo parere poco in linea con i Trattati di Bruxelles (un ambito peraltro su cui, in passato, non ha certo lesinato critiche e perplessità).

Ma torniamo al “Campo dei miracoli”, metafora antica ma efficace della credulità. Ricordate? Il burattino vi seppellisce le sue cinque monete d’oro, raggirato dal Gatto e la Volpe, con l’illusione che l’indomani nasca un albero di zecchini. Naturalmente verrà derubato: non esiste la ricchezza senza impegno serio.

Purtroppo le criptovalute, ovvero le monete digitali “private” completamente slegate dalle banche centrali, continuano a sedurre tanta gente. In realtà, si tratta di valute fluttuanti nel cyberspazio pericolosissime, prive di garanzia, estremamente volatili, non sempre scambiabili con le monete tradizionali. Il loro valore reale corre su un ottovolante quotidiano.

Chi vi ricorre spesso non sa che è come utilizzare delle fiches al casinò. Per non parlare delle frodi: piattaforme “exchange” (dove si possono comprare, vendere e scambiare criptovalute) che improvvisamente scompaiono o sospendono la propria attività, portafogli digitali che si volatilizzano nel nulla con tutti i risparmi versati, capitali che evaporano, gestori nascosti dietro una tastiera e un monitor cui si affidano i propri fondi personali che scappano con la cassa, investimenti miseramente falliti, bancarotte fraudolente che si rincorrono. Ne sa qualcosa la Procura di Firenze, che continua a indagare su maxitruffe varie che riguardano decine di migliaia di cittadini per centinaia di milioni di euro. Il Gatto e la Volpe son tornati e parlano in codice binario.

Ma il presidente dell’Authority di Piazza Affari va oltre: c’è anche un problema di sistema globale. «Non può sfuggire l’analogia con la crisi dei titoli tossici del 2008», ha avvertito, evidenziando come le crypto operino «nell’infosfera, sfuggendo ai controlli territoriali». La soluzione? «Serve una cooperazione tra Stati, non basta regolare i servizi privati». Non solo, ma i bitcoin, fonte di turbolenze continue sui mercati, finiscono per destabilizzare il sistema tradizionale delle valute, con tutte le conseguenze del caso. Non è un mistero che euro e dollaro soffrano per la concorrenza di questi denari virtuali.Come controbattere? Il discorso si fa globale, Savona ha lanciato una proposta rivoluzionaria: trasformare l’euro in una moneta digitale «a contabilità decentralizzata, sotto controllo delle autorità». Un “safe-asset” europeo (che significa in pratica un bene rifugio, da cassettisti, come l’oro o i bund tedeschi) per «governare la liquidità e contrastare la competizione delle crypto». L’euro digitale potrebbe diventare uno standard internazionale, ha spiegato, «se gli operatori Ue lo usassero per gli scambi». Una mossa per rafforzare la sovranità monetaria, anche alla luce delle «mosse protezionistiche degli Usa».

Com’è noto il presidente americano Trump va in direzione contraria, avendo candidato il Bitcoin e altre quattro valute a riserva statunitense e proibito la nascita del dollaro digitale. In pratica dietro il biglietto verde The Donald ha posto le stesse criptovalute, di cui ha accumulato grazie ai suoi decreti economici ampie quantità, in un conflitto di interessi fantasmagorico di cui pare che in America interessi poco. Fatto sta che l’unico che sulle criptovalute finora ci ha guadagnato veramente è proprio l’inquilino della Casa Bianca. Lui la cassa se l’è già portata via.

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