In vista del referendum di marzo, il tema della separazione delle carriere dei magistrati resterà prevedibilmente il tema dominante nel dibattito pubblico malgrado il cittadino non sia in grado di cogliere le implicazioni della riforma ma, soprattutto, di capire chi abbia ragione nel merito.
Il governo ha festeggiato platealmente l’approvazione della riforma ma è bastata la dichiarazione di Ignazio La Russa (“non so se valeva la pena”) per constatare che il fragoroso tripudio in Parlamento era solo finalizzato ad ostentare una condivisione poco veritiera. In verità, la “voce dal sen fuggita” del presidente del Senato rappresenta lo stato d‘animo di quella parte della destra italiana che vanta storicamente una vocazione legalitaria che l’ha condotta frequentemente a sostenere le procure: basterebbe sfogliare i giornali dell’epoca di “Mani pulite” per constatarlo.
La verità è che, malgrado le apparenze, all’interno della destra italiana convivono pulsioni e sensibilità molto differenti. Sul piano internazionale, Forza Italia risulta europeista, la Lega è vicina a Putin e Fratelli d’Italia a Donald Trump. Si tratta di tre riferimenti diversi e strutturalmente incompatibili che spesso costringono Giorgia Meloni a tacere su molte questioni. Ma c’è altro. Esiste, innanzitutto, un problema di compatibilità di matrice identitaria. Malgrado la conversione sciovinista e “vannacciana” voluta da Matteo Salvini, la forza della Lega resta, comunque, il Nord. Il forte radicamento territoriale in questa area del paese continua a conferire alla Lega una spiccata connotazione localista che collide con la fiera vocazione nazionalista di Fratelli d’Italia. Forza Italia, di contro, continua a vantare una propria capacità distintiva, di chiara ispirazione liberal-democratica, che si pone in perfetta antitesi alle altre due destre.
Sul piano valoriale, risulta agevole constatare quanto sia variegato il quadro di riferimento ideale delle destre italiane. Esiste, infatti, una destra suprematista e xenofoba, negazionista in tema di crisi ambientale, complottista, omofoba e reazionaria. Ma, poi, esiste una destra laica e una destra cattolica; una destra vicina ai “poteri forti” e un’altra ostile; una destra elitaria e un’altra popolare; una destra vicina al mondo ebraico e un’altra antisemita; una destra liberista e una destra sociale e neo-corporativa; una destra liberale e una destra populista; una destra favorevole al riarmo e un’altra contraria; una destra plebiscitaria e una parlamentarista; una destra pragmatica e una destra orgogliosamente identitaria.
Pertanto, parlare semplicemente di “destra” risulta, talora, semplicistico e fuorviante. Qual é l’elemento unificante? In verità, il vero collante delle tre destre resta la composizione sociale e la comune avversione dei loro rispettivi elettorati nei confronti della sinistra, ancora oggi bollata di “comunismo”. L’area del lavoro autonomo resta tuttora il nerbo del bacino elettorale delle destre che non nasconde il proprio disprezzo per la burocrazia statale, i sindacati, la magistratura e la classe intellettuale che si comporrebbe di tristi e rancorosi “radical chic”.
La profonda ostilità per lo Stato e per le “tasse” conduce imprenditori, artigiani, commercianti, liberi professionisti, ad essere “naturaliter” di destra. Poi, naturalmente, ci sono la difesa della famiglia tradizionale e il tema della sicurezza a garantire il prezioso apporto di una parte del mondo cattolico e l’immancabile sostegno delle forze dell’ordine.
Pertanto, il panorama della destra italiana risulta alquanto multiforme benché la leadership di Giorgia Meloni tenda a rappresentare lo schieramento conservatore come un’entità monolitica. Tornando al tema iniziale, occorre riconoscere che il rapporto della destra con la magistratura italiana risulta turbolento a causa dello scontro a cui abbiano assistito per decenni tra le procure e Silvio Berlusconi. In questo senso possiamo dire che le tre destre italiane vantino tre storie diverse nel rapporto con la magistratura. Ci chiediamo, pertanto, se la svolta del premier non sia un debito di riconoscenza verso la famiglia Berlusconi che continua a garantire a Giorgia Meloni un robusto e prezioso supporto mediatico. Come diceva il “divino Giulio” (Andreotti), a pensar male si fa peccato ma si azzecca sempre.
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