
Due facce della stessa medaglia. La Pubblica Amministrazione vista con parole e musica del ministro competente Paolo Zangrillo e, di contro, la quotidiana e sistematica inefficienza, uno dei motivi salienti del disamore dei cittadini verso uffici statali e istituzionali.
Proprio una settimana fa, al Job day promosso, cum laude, dalla Provincia di Lecco il valore e il futuro del lavoro nel settore pubblico è stato definito dallo stesso Zangrillo non solo come una riedizione moderna del posto fisso, ma anche come un’opportunità per i giovani: anche quelli ambiziosi e desiderosi di realizzarsi appieno nella professione.
Non ha dimenticato di rassicurare anche sul punto debole del reddito, specie se paragonato ai vagheggiati paradisi oltre confine. Ma, secondo mia prassi e mio impegno, ne ho preso spunto per pescare nel lago delle amministrazioni lecchesi numeri che sono più eloquenti delle narrazioni e delle promesse.
Nel Lecchese infatti ormai sembra che l’attività più gettonata sia l’abbandono del posto pubblico, in cerca di altri lidi e di un approdo più gratificante e meno ripetitivo. Dal settore sanitario - Asst Lecco - si assiste a una vera e propria diaspora: nell’ultimo anno si sono registrate 227 dimissioni fra medici, infermieri e Oss. Per tacere degli oltre 100 addetti del ramo che già avevano lasciato le corsie nei primi sei mesi del 2023. Le cause le conoscono anche i nostri lettori: i carichi di lavoro elevati e divenuti insopportabili in regime Covid, gli stipendi bassi e le sempre più squillanti sirene delle strutture private, in grado di garantire anche il doppio del guadagno. Anche il Comune di Lecco piange. In oltre 20 anni l’organico ha perso circa un terzo dei suoi dipendenti, incidendo ovviamente sulla qualità dei servizi. Le ragioni, oltre che alle politiche dei Governi che si sono alternati, vanno ricondotte all’insoddisfazione dei dipendenti che con lo strumento della mobilità, dei trasferimenti e delle dimissioni, hanno di fatto consegnato la macchina amministrativa a un carrozziere. C’è anche da aggiungere che la legge Bassanini con l’obiettivo di responsabilizzare il personale ha frenato lo spirito e l’intraprendenza dei dirigenti, a favore di quel “tirare in lungo”, parente prossimo di Quinto Fabio Massimo il temporeggiatore. Il timore di Procure e Corte dei Conti fa sì che le pratiche si accumulino sulle scrivanie in una sorta di limbo senza un domani. Basti confrontare il ritratto dei dirigenti dell’era Brivio con quelli della stagione Gattinoni per scoprire che al massimo ce ne sarà uno presente nelle due foto.
Forse il ministro Zangrillo ha visto e rivisto il fortunato film di Checco Zalone, laddove il posto fisso era l’Eldorado con la tredicesima (e quattordicesima, a volte) infiocchettata.
Val la pena anche di citare l’andata e ritorno dal Sud al Nord favorita da una normativa che sembra fatta su misura per incentivare spostamenti di sé e famiglia che una volta valevano per l’eternità. Fattore non marginale è il costo della vita che presenta una forbice così ampia da decidere la residenza per conciliare il pranzo con la cena. E con le rette d’asilo e delle Rsa che stanno inchiodando interi nuclei a due passi dall’indigenza.
Se gli annunci del ministro Zangrillo andranno in porto come il milione di posti di lavoro di Berlusconi andremo tutti a scopare il mare. Se invece la stabilità del governo permetterà un’autentica rivoluzione, vivremo in un Paese più moderno, civile ed efficiente.
Io tocco ferro anche perché uno dei suoi predecessori, Renato Brunetta, attuale presidente del Cnel, aveva promesso sfracelli e poi se ne è andato, con la coda fra le gambe, a coltivare uva sulle colline romane. La foto del piccolo figlio del gondoliere, ha fatto il giro dell’Italia. Più che una vigna, una vignetta.
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