Donald Trump ha rifilato una sonora fregatura all’amico Vladimir Putin. A margine dell’accordo sui dazi Ue-Usa il «tycoon» ha concordato l’acquisto di petrolio e di gas americano da parte degli europei per un valore di circa 750 miliardi di dollari.
Tale evento segna la fine di un’epoca, il tramonto definitivo dell’«impero energetico» di Mosca e dell’influenza del Cremlino sul Vecchio continente. Nei bei tempi passati la Russia realizzava attorno a 70 miliardi di dollari l’anno in vendite di petrolio e di gas al Vecchio continente. Nel 2024 si è scesi ad una ventina, ma la Commissione europea ha stabilito di azzerare le importazioni di energia entro il 1° gennaio 2028. Nei giorni scorsi a Bruxelles ci si domandava come anticipare di un anno, al 1° gennaio 2027, tale conclusione. La risposta è arrivata dal «tycoon» che si è portato a casa un contratto epocale. Così mentre l’amico Vladimir si incaponisce in Ucraina (in un anno le Forze russe hanno «liberato» ben l’l% del territorio sotto il controllo del «regime di Kiev») lui si è preso la cassa.
Il colpo per l’economia russa è gravissimo. Lo schema - materie prime a basso costo in cambio di soldi sicuri per ricostruire la Russia - fu ideato al G8 di Genova del 2001 da Berlusconi, Bush e Putin. Tale «Piano Marshall» sotto mentite spoglie serviva a saldare all’Occidente la nascente democrazia a Mosca. Poi con il deragliamento dei rapporti Est-Ovest, nel febbraio-marzo 2014, Putin si è messo ad investire in armi i profitti realizzati con la vendita dell’energia ed ora vi finanzia la sua «Operazione militare speciale» in Ucraina. Senza il mercato europeo dell’energia, l’economia russa - così dipendente dalla vendita di materie prime - non ha un futuro nel XXI secolo. Il salto verso l’Asia, verso la Cina, - tanto decantato dalla propaganda putiniana - è stato una delusione e non garantisce gli stessi introiti. E poi mancano le infrastrutture, molte delle quali ancora da costruire.
A parte la questione militare con Kiev - i veri problemi oggi per il Cremlino sono come farsi cancellare le sanzioni occidentali e, appunto, come tornare a vendere energia all’Europa.Trump ha preso ora in contropiede i russi, mettendoli fuori gioco. Anticipando i soliti dubbi, chiariamo che è inutile comprare energia a basso costo da partner inaffidabili che poi ti costringono a spendere enormi somme in armi, poiché questi stessi partner potrebbero rappresentare un pericolo alla sicurezza delle nostre democrazie; il gas, venduto da Trump, arriverà soprattutto dal Qatar, che sta sviluppando un progetto di raddoppio a breve della produzione assieme alle compagnie Usa. Gas e petrolio costeranno a noi di più? Ce ne faremo una ragione. Questa è la nuova complessa realtà in cui viviamo.
Un ultimo elemento: perché Trump ha dato a Putin ancora 10-12 giorni per trovare un accordo in Ucraina e non più 50, come dichiarato precedentemente? Il 12 agosto dovrebbero terminare i negoziati commerciali tra Usa e Cina. Il «tycoon» ha bisogno di adrenalina. Ha così legato questo capitolo a quello ucraino. I cosiddetti «dazi secondari» del 100% imposti sulle merci di chi compra petrolio russo sono principalmente in funzione anti-cinese ed anti-indiana. Pechino e New Delhi sono i maggiori acquirenti dell’«oro nero» di Mosca. Con una differenza: gli indiani stanno cercando forniture alternative, mentre i cinesi no, poiché sono troppo dipendenti dagli approvvigionamenti russi ed iraniani. Con tale mossa Donald Trump mette pressione sia su Putin che su Xi Jinping. Gli Usa vogliono un accordo, ma non uno qualsiasi.
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