Gli accordi di Bruxelles sull’Ucraina sono stati costruiti su una soluzione tecnica su cui pochi hanno richiamato l’attenzione. Poiché l’ipotesi di utilizzare i capitali sequestrati agli “oligarchi” russi è parsa rischiosa sul piano giuridico e per questo è stata scartata, s’è pensato di finanziare gli aiuti a Kiev ricorrendo a un ulteriore debito di 90 miliardi, che per gli italiani va a sovrapporsi a quello nazionale (ormai giunto a livelli altissimi).
Stavolta nemmeno i Paesi detti “frugali” si sono opposti e non è un bel segnale, perché si continuano a caricare nuovi pesi sulle generazioni a venire, con tutte le conseguenze che ne derivano. Ovviamente si poteva introdurre un’imposta “ad hoc”, magari al livello di ogni Stato nazionale, ma il ceto politico non poteva accettarlo. Una cosa, infatti, è spendere mettendo le mani in tasca ai cittadini (e quindi agli elettori, che non possono apprezzare la cosa), e altro invece è penalizzare gli europei di domani.
Sembra per giunta che nessuno voglia riconoscere un’ovvietà, e cioè che il debito pubblico per sua natura è inaccettabile. Non è vero che esistono debiti buoni e cattivi, perché quando la politica indebita le istituzioni carica di un onere soggetti che non hanno sottoscritto nulla. Sarebbe come se il signor Rossi entrasse in banca e ottenesse soldi indebitando il signor Bianchi.
I politici vivono sempre nel breve termine: devono tenere alto il loro gradimento nei sondaggi e vincere le elezioni (locali, nazionali, ecc.). Se sono orientati a preferire scelte demagogiche il motivo è chiaro. Noi, però, siamo nel lungo periodo di scelte inique compiute nei decenni passati, e per i nostri figli e nipoti la situazione rischia di essere la stessa.
Se preferire l’indebitamento all’imposizione fiscale è sbagliato, in questo caso c’è pure un’aggravante. In effetti, il debito comunitario è perfino più illiberale di quello statale perché finisce per porre il carro davanti ai buoi, predefinendo un’unione fiscale e quindi anche politica: quali che siano le volontà e le preferenze degli europei. A Bruxelles hanno riattualizzato la logica del Pnrr, che ha distribuito grandi risorse in parte gravando gli Stati membri (l’Italia, in primo luogo) e in parte gravando l’Unione stessa.
Già oggi l’Europa è molto caotica e ingovernabile. Come abbiamo visto in questi giorni, gli interessi delle imprese manifatturiere tedesche, in cerca di mercati, sono in netto contrasto con gli interessi degli agricoltori francesi e italiani: il conflitto sul trattato con il Mercosur l’evidenzia in maniera chiara. Se questo genere di tensioni è sempre presente entro ogni realtà statuale, tutto ciò si acuisce e si fa ben più difficile da gestire quando la vertenza oppone soggetti diversi per lingua, cultura e appartenenza nazionale.
Spingere in tal modo – senza un dibattito pubblico, senza una consultazione, senza un’analisi razionale delle conseguenze – verso un’unificazione politica continentale che allontana sempre più le decisioni dai cittadini non può portare nulla di buono. E anche per tale motivo questo ulteriore debito europeo non rappresenta affatto una notizia positiva.
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