
Un istituto di linguistica ha certificato che nel 2024 il vocabolo più usato è stato “importante”. Ne abusano soprattutto gli sportivi e i politici: basta ascoltare qualche talk show a caso per assistere allo spaccio indiscriminato di un aggettivo che, per la sua genericità, va su tutto, come il bianco. E’ tale l’effetto contaminazione che non manca neppure nei discorsi ufficiali del presidente della Repubblica e l’ho persino pescato in certe omelie di papa Leone. Va da sé negli ultimi due casi l’utilizzo è appropriato e si richiama all’etimologia originaria. Ma quando lo trovi ripetuto tre volte nella stessa frase per dire che un rigore è stato importante così come le sanzioni per la Russia, salvo poi ritrovarlo per definire importante un naso grosso, allora davvero ti rendi conto che la bella e ricca lingua italiana sta scivolando verso una deriva dozzinale e prossima all’analfabetismo di ritorno. Si comprassero un dizionario di sinonimi che gli farebbe un gran bene considerato che forse è l’unico libro che maneggerebbero in un anno.
Denunciata questa abitudine, ormai invalsa e inestirpabile, che a me infastidisce più di una zecca una spanna sotto i reni, ho scoperto un’altra ragione per accentuare la mia irritazione. Nella mazzetta dei quotidiani che mi tocca da mezzo secolo per mestiere e passione e avendo il vizio di sfogliarli fino all’ultima pagina, mi sono accorto che laddove si scrive di spettacoli è un trionfo di “sold out” a documentare una fioritura di appuntamenti , perlopiù musicali, che ogni sera invadono la Penisola. Per capirci di più e non avendo per la musica particolare sensibilità e soprattutto conoscenza, ho chiesto lumi al mio amico e collega Stefano Spreafico che invece delle note si abbevera da quando era ragazzino, già imitato dal suo primogenito Gabriele che si destreggia con onore con la batteria.
Ebbene, ne ho cavato che i “tutto esaurito”, versione autarchica, è già previsto per eventi programmati a fine 2026: a margine mi permetto di rilevare come anche il termine eventi sia saccheggiato specie dalle istituzioni pubbliche che così definiscono anche la sagra dei prodotti lombardi, dove sul bancone campeggiavano i cannoli siciliani, il pane carasau e le orecchiette pugliesi.
E’ capitato tempo fa anche in piazza Garibaldi e non so se l’ignoranza sia geografica o culinaria.
Ma torniamo alla musica: i concerti estivi da Ultimo a Bruce Springsteen, passando per i soliti noti di casa nostra - come Vasco Rossi, Nannini, Mengoni e Cremonini - fanno il pienone e io mi chiedo, ingenuamente, come sia possibile che ragazzi e ragazze in età di studio abbiano a disposizione sufficienti euro per spostarsi da una città all’altra e pagare prezzi del biglietto non propriamente economici. Per tacere delle scorribande oltreconfine: su tutte la reunion dei fratelli Gallagher che dopo decenni di litigi hanno fatto pace anche per rimpinguare il conto in banca. Per chi non lo sapesse, come me, si tratta degli Oasis, che a Wembley hanno avuto tra gli ospiti persino il più longevo dei parlamentari, il democristiano Pierferdy Casini che, non avendo ancora rinunciato alla corsa al Quirinale, forse sta pensando a come sostituire l’inno di Mameli. Con malcelata malizia, Stefano mi fa osservare che, da ginnasiale imberbe, li vide in un piccolo locale di Milano all’equivalente di 13 euro e con meno di mille compagni di ventura.
Ho già detto, ma non frega a nessuno, che la musica non è proprio nelle mie corde: mio padre mi obbligava a sentire Mozart e mai una volta che gli diedi la soddisfazione di distinguerlo, non da Orietta Berti ma da Beethoven. In questo onde nelle quali mi sono trovato inghiottito, ho tuttavia scovato un motivo di profonda consolazione: sono ancora in forma saltellante e performanti artisti ultrasettantenni: Mick Jagger, Paul McCartney, Sting e persino Al Bano, nonostante siano approdati al salutismo dopo lustri di pinte di birra e di sostanze non propriamente lecite.
Va da sé che l’amico della Russia e di tutti i popoli del mondo sia andato a vino rosso pugliese. Non so che mi capiterà, avendo io eletto l’acqua come bevanda principe delle mie giornate.
Per chiudere e dimostrare che qualcosa ho appreso dal mio docente (fino a ieri allievo) che quest’anno latitano i tormentoni estivi, quei ritornelli che si cantano sulle spiagge e nelle sere lungomare, colonne sonore dei banchetti tra fritto misto e zanzare. Ve la dico tutta: io ricordo il Vamos a la playa dei Righeira, uno dei quali, ho letto da qualche parte, sta partendo per cento serate in giro per l’Italia. Naturalmente sold out. Ma non contino sul nostro biglietto.
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