Addio a Fra Pier, il monaco pittore dell’abbazia di Piona

Originario di Como, da anni risiedeva nell’abbazia di Piona, dove era responsabile dello spaccio dei prodotti e dove esprimeva la sua arte.

Berbenno di Valtellina

Si è spento per l’aggravarsi della malattia dopo l’ictus, nella serata di venerdì, attorno alle 21.30, nella Casa di cura don Guanella di San Pietro, in territorio comunale di Berbenno di Valtellina, dove si trovava da qualche tempo per un periodo di riabilitazione, fra Pier di 79 anni, al secolo Pierluigi Cavezzale nativo di Como e, dal lontano 1992, monaco nella splendida abbazia cistercense di Piona, a Colico.

Venne ribattezzato, parecchio tempo fa, il «Pennello di Dio» perché nell’edificio sacro situato sull’omonima penisola in Alto Lario, molto amato da tutti i laghéé e ammirato da migliaia di visitatori, non solo italiani, ma anche stranieri, per il senso di pace che il luogo infonde, il religioso non pregava soltanto con la parola e il pensiero, ma diffondeva il Credo in Cristo anche con il pennello del pittore. Da questa sua inclinazione artistica gli era stato dato il soprannome di «Pennello di Dio» che lui gradiva.

Si era sentito male la sera del 7 maggio in convento. Ricoverato all’ospedale di Gravedona vi è rimasto per quasi tre mesi. La sua è stata una vita intensa, particolare, non anonima sempre «tutta casa e Chiesa», oppure «casa e Abbazia». Come tanti di noi ha conosciuto la vita nelle diverse sfaccettature: convivenza con gli amati genitori, le serate a ballare in balera con gli amici, o al bar, le gite in montagna per praticare lo sci, il suo sport preferito. Tutto ciò sino a oltre i 40 anni, sino a quella mattina «quando mi sono alzato e improvvisamente ho maturato la decisione di entrare in Abbazia. Una decisione che avevo pensato a lungo, in precedenza, ma sempre rimasta nelle intenzioni e mai messa in pratica, sospesa nell’aria». Poi la svolta, ci raccontò ancora mesi fa: «Come se a decidere al posto mio fosse stato Qualcun altro. A quel punto lasciai l’abitazione dei genitori a Monte Olimpino, quartiere del capoluogo lariano che domina dall’alto la città e l’elvetica Chiasso, per raggiungere l’alto lago ed entrare qui dove da anni sono il responsabile della gestione dello spaccio dei prodotti».

Il collegamento fra la vita di prima e quella poi con il saio pare sia stata l’arte, la passione per la pittura. «È stata la mamma a invogliarlo, affinché imparasse a dipingere. Era anche bravo e venne selezionato per importanti rassegne, personali o collettive. Un anno venne scelto per una rassegna di spessore a Villa Olmo e a premiarlo fu addirittura il famoso Renato Guttuso. E il priore di una volta lo incoraggiò a coltivare questa sua passione. Gli fu ricavato uno spazio all’interno del convento di Piona e del tempo per praticare l’arte per la quale era davvero portato», ricorda un’amica di Cosio Valtellino a lui molto legata.

«Io non voglio dare risposte – spiegò il frate in un’intervista di alcuni anni fa – ma fornire lo strumento per pensare, per cercare. Quando qualcuno mi chiede “Questo quadro significa così e cosà?”, io rispondo sempre “Ha ragione”, perché se quelle sono le risposte che ha trovato da solo alle domande che lui stesso si è posto, allora va tutto bene». I quadri da lui realizzati e venduti non sono stati pochi, negli anni, e il ricavato andava alle casse dell’Abbazia, ad esempio per interventi di sistemazione e manutenzione.

Il motivo ricorrente delle innumerevoli opere di fra Pier è sempre stato il cerchio: «La forma perfetta, il simbolo della perfezione: Dio» che, di volta in volta – ripeteva – si unisce e arricchisce di altre forme, di altri simboli, per cercare di darsi risposte a domande che, magari, neppure sapeva un giorno di doversi porre. «L’eternità è un concetto – ha scritto fra Pier in un biglietto di ringraziamento a chi gli ha fatto visita durante la degenza ospedaliera – e i concetti non fanno forma. Ma se simbolicamente vogliamo dargliene una, secondo me, non può essere che rotonda. Questo mi affascina ed è per questo che nella mia pittura sono raffigurati tanti cerchi».

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