Addio al Papa degli ultimi, Gualzetti: «Tentava sempre di abbattere i muri»

Lecco

Papa Francesco, il papa dei poveri, degli ultimi, degli “scarti”. Si potrebbe dire, osando un po’, il Papa della Caritas. Quell’organizzazione della Chiesa che da sempre si occupa di quelli che nessuno vuole “vedere”. Dagli homeless ai poveri tra i più poveri. Luciano Gualzetti, lecchese, direttore di Caritas Ambrosiana, non vuole però riferire al solo Papa Francesco questa “missione”: per lui è chiaro che Francesco sia stato un Papa che ha posto la sua Chiesa, quindi tutti noi, dalla parte di chi fa più fatica.

«Lì si vedono veramente i problemi che sono di tutti, non sono solo dei poveri, degli ultimi. Papa Francesco ci ha invitato a cambiare le cose, ad avere sempre speranza che le cose possano cambiare per tutti: quindi è un annuncio rivolto veramente a tutti. Ci ha invitato a rimuovere le cause delle povertà: anche i poveri hanno diritto a vivere una vita dignitosa nella pace, nella giustizia, nella fratellanza. Quindi questa è una responsabilità di tutti, in primis, dei cristiani o di quelli che pensano di essere discepoli di Gesù».

Papa Francesco aveva “sponsorizzato” la campagna Caritas “Una sola famiglia umana, cibo per tutti” che era stata poi illustrata nel 2015 all’Expo. E da lì in poi c’è sempre stato un particolare feeling tra la Caritas e Papa Francesco. «“Una sola famiglia umana, cibo per tutti” – commenta Gualzetti - era una campagna di Caritas Internazionale lanciata proprio in occasione dell’esposizione universale e che era una spinta ulteriore verso la vita. Io avevo seguito il padiglione della Caritas che si intitolava non a caso “Dividere per moltiplicare”. Solo nella condivisione si può arrivare veramente a tutti, a includere tutti. E avevo seguito anche il padiglione della Santa Sede che era “Non di solo pane”. Scritta che si ritrova sulla parete della Casa della Carità di Lecco».

Gualzetti si ricorda bene il Papa che per ben due volte era intervenuto alla esposizione universale invitando tutti alla responsabilità di farsi carico di questa piaga, lo scandalo della fame nel mondo. «Molta gente sta male perché non ha cibo a sufficienza. E poi c’è lo scandalo di milioni di persone che non hanno la salute perché mangiano troppo.Queste contraddizioni e queste diseguaglianze, che purtroppo in questi anni sono aumentate, venivano denunciate e il Papa, sempre con forza, aveva chiesto anche all’economia di prendersi il suo pezzo di responsabilità, di uscire da quella logica del profitto a tutti i costi, del consumo ossessivo, per prendere coscienza di tutte le persone. Del mondo, appunto. Una sola famiglia umana ha diritto appunto di vivere nella fratellanza, nella giustizia, nella pace, nella dignità».

Il 25 Marzo del 2017 Luciano Gualzetti incontra il Papa per la sua visita alla Diocesi ambrosiana. Non era la prima volta e non sarebbe stata l’ultima. Da lì però parte anche il progetto “Le case del Papa”, progetto di Housing sociale. «Ho incontrato il Papa in diverse occasioni sia sul tema dell’usura, sia sul tema del cibo. Nella visita a Milano la Diocesi aveva regalato dieci appartamenti per persone che appunto la casa non ce l’avevano. Un progetto realizzato e poi confermato. Un impegno che la diocesi di Milano ha sempre avuto sul tema della casa, soprattutto per le persone più in difficoltà, perché purtroppo l’housing sociale si è trasformato in una soluzione solo per fasce medio-basse, non quelle veramente basse che noi incontriamo. E devo dire che appunto adesso col Fondo Schuster questo impegno è stato ribadito».

Un ultimo ricordo dell’umanità di Papa Francesco: «Quando incontravi il Papa ti colpiva la sua semplicità e la sua voglia di guardarti come persona. Anche se poi erano sempre incontri frettolosi, molto legati al cerimoniale, lui tentava sempre di abbattere questi muri, queste barriere, per incontrare le persone in quanto tali. In occasione di una campagna di Caritas internazionale sugli immigrati, eravamo in piazza. E lui, passando dalla piazza, ha voluto che un gruppo di rifugiati salisse sull’altare dove c’era la sua sedia e li ha fatti sedere intorno a lui, quindi rompendo il cerimoniale. Era una delle prime volte che succedeva una cosa del genere. Poi ci siamo abituati».

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