
Cronaca / Tirano e Alta valle
Sabato 04 Novembre 2017
La scomparsa di Mescia, il grande lottatore con il Morelli nel cuore
Da presidente, e poi anche in altre vesti, ha sempre difeso e sostenuto il ruolo dell’ospedale. Scoprì e portò in Alta Valle medici diventati poi famosi.
La malattia che da tempo l’affliggeva ha sconfitto Luigi Mescia e il suo spirito battagliero. Si è spento all’età di 71 anni una delle figure di spicco nel panorama provinciale, soprattutto ai tempi della presidenza dell’ospedale Morelli dal 1973 al 1991. Un uomo colto, dai modi estremamente gentile e garbati, elegante, ma che si trasformava in un guerriero se c’era da battagliare, da difendere ciò in cui credeva ciecamente. Dici Gigi Mescia e pensi inevitabilmente all’ospedale Morelli, una sua “creatura” che ha visto nascere, crescere, diventare grande e poi intraprendere la strada del declino. Ma lui non l’hai mai abbandonata, riservandole un posto speciale nel suo cuore.
Giovanissimo manager, originario di Ardenno, aveva 27 anni quando approdò alla guida del “Villaggio”, ebbe l’intuizione su come trasformare quell’ospedale, che era stato il più grande sanatorio europeo, in una struttura sanitaria di successo. Andò a scoprire in giro per l’Italia tutta quella nidiata di giovani medici di talento che lo seguirono a Sondalo e sono diventati famosi al Morelli, facendo crescere l’ospedale e portandolo ai vertici nazionali. Fra le sue creature un nome su tutti è quello di Massimo Magi, il “re” del ginocchio che inventò l’atroscopia, ma senza dimenticare tutti quei professionisti talmente bravi da creare una sorta di “emigrazione” verso il Morelli di pazienti da tutta Italia. Il Morelli è stata la fortuna di Mescia e Mescia la fortuna del Morelli. Insieme hanno vissuto i rispettivi anni d’oro.
Il sindaco di Sondalo, Luigi Grassi, ebbe il merito di rimetterlo in prima fila sul tema sanità affidandogli questo settore amministrativo. È un ricordo commosso quello che fa di Mescia: «Ci mancherà moltissimo.I sondalini lo ricorderanno per la grinta da leone con cui si è battuto, fino all’ultimo istante, per il nostro ospedale. Il suo ospedale; così lo chiamava con infinito affetto. L’ha fatto in qualità di suo illuminato presidente e da instancabile assessore. Ha dedicato tutta la vita per dimostrare che, in montagna, si può fare sanità di eccellenza. Con la sua geniale intuizione ha voluto e realizzato, non senza difficoltà, il modello di “sanità di montagna” di cui è stato l’assoluto protagonista. A noi non resta che provare a raccogliere, seppur indegnamente, il testimone di un caro amico e ringraziarlo infinitamente per ciò ha fatto. Esprimiamo, con cordoglio, le più sentite condoglianze alla moglie Agnese, ai figli, ai nipoti e a tutti i suoi cari».
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