La storia dell’ebreo sudafricano Suttner,
attraverso Lecco in fuga verso la Svizzera

Attraverso David Goldsworthy, storico inglese, riemerge la vicenda di Adolph Suttner, che nel 1941 fu catturato dalle forze italo-tedesche durante la battaglia di Tobruk e che, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, tentò la via della libertà attraverso la Svizzera, trovando rifugio nel rione di Acquate dalle sorelle partigiane Villa. Il 23 maggio su Unica Tv una puntata speciale dedicata alla storia. Il 30 maggio una commemorazione a Lecco

Lecco

Tra i monti della Valsassina e le sponde del Lario, c’è una storia che merita di essere raccontata non solo per il suo valore storico, ma per la sua intensa carica umana. È la vicenda di Adolph Suttner, artigliere ebreo sudafricano, che nel 1941 fu catturato dalle forze italo-tedesche durante la cruenta battaglia di Tobruk. Da lì iniziò il suo calvario nei campi di prigionia italiani, tra Bari, Bergamo e infine Gradella, vicino a Cremona. La sua odissea personale – un ebreo che, per scherzo del destino, porta lo stesso nome di Hitler - si intreccia con quella di migliaia di prigionieri alleati che, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, si trovarono improvvisamente a vagare in una terra in bilico tra occupazione nazista e Resistenza. Suttner, con altri prigionieri fuggiaschi, tentò la via della libertà attraverso la Svizzera. Ma fu nelle valli bergamasche e lecchesi che trovò le mani tese di un popolo allo sbando, ma ancora capace di grande umanità.

A far riemergere questa storia dall’oblio è stato David Goldsworthy, storico inglese con legami familiari a Lecco, che, passeggiando per i quartieri della città, ha notato una targa in memoria delle sorelle partigiane Villa e ha ricostruito il percorso di Suttner grazie a pazienti ricerche tra archivi sudafricani, britannici e statunitensi. A Lecco, nel rione di Acquate, Suttner fu accolto dalle sorelle Villa, figure chiave di una rete spontanea e poi organizzata che offriva rifugio, cibo, abiti civili e, soprattutto, speranza. Le sorelle Villa non solo offrivano assistenza pratica, ma erano il volto di quella solidarietà fatta di piccoli gesti, come un pasto caldo o una coperta, che in tempo di guerra potevano significare la salvezza.

«Dietro ogni soldato in fuga c’era una rete invisibile di donne e uomini comuni che scelsero di rischiare tutto per proteggere l’altro», ha ricordato Angelo De Battista, responsabile del gruppo scuola dell’Anpi di Lecco. «Erano madri, preti, contadini, parroci che vedevano in quei giovani soldati i propri figli, nipoti, fratelli. E agivano spinti da un imperativo morale semplice e potente: aiutare chi era in pericolo, senza chiedere nulla in cambio».

La rete di aiuti lecchese, che faceva perno proprio su Acquate e le sue vie secondarie, venne poi strutturata grazie a Enzo Locatelli, un perito incaricato dal CLN di Milano di creare un corridoio sicuro verso il confine svizzero, passando per Bellano e Dervio. Locatelli, con abilità e astuzia, sfruttava il suo lavoro nella società elettrotecnica per mascherare i suoi spostamenti, trasformando le case parrocchiali in stazioni segrete di transito, e i contrabbandieri in guide improvvisate.

Ma la fuga di Suttner fu anche segnata da tradimenti: nel tratto più difficile, sulla neve, fu abbandonato dai contrabbandieri che gli avevano promesso di condurlo in salvo. Nonostante tutto, trovò la forza di proseguire da solo, attraversando le gelide montagne che separano l’Italia dalla Svizzera. «Quello che mi ha colpito di più nella storia di Adolph Suttner - sottolinea David Goldsworthy - è la sua amicizia con un musulmano bosniaco, anche lui prigioniero in fuga. In un’epoca segnata dall’odio e dalle divisioni etniche e religiose, loro due dimostrarono che quando la vita è in gioco, le differenze si annullano, lasciando spazio solo alla solidarietà umana».

Il prossimo 30 maggio nella sala consigliare del Comune di Lecco il figlio di Adolph Suttner incontrerà le autorità cittadine, i rappresentanti dell’Anpi provinciale e i parenti di quanti dopo l’8 settembre costituirono la rete di sostegno ai prigionieri in fuga verso la Svizzera.

Maurizio Crippa, che ha promosso l’evento commemorativo subito condiviso dal sindaco di Lecco Mauro Gattinoni, sintetizza lo spirito di questa preziosa vicenda: «Non è solo una storia locale – dice - è una storia universale. Una pagina di umanità che parla ai giovani di oggi, che devono riscoprire il valore dell’accoglienza, della fraternità e del coraggio civile. La cerimonia del 30 maggio a Lecco sarà più di una commemorazione: sarà un momento per riconciliarsi con una storia fatta non solo di grandi battaglie, ma di piccoli grandi gesti di eroismo quotidiano. Gesti che, allora come oggi, hanno il potere di cambiare il mondo, partendo dalla scelta più semplice e più difficile: quella di restare umani».

Venerdì 23 maggio andrà in onda su Unica Tv, alle ore 21, una puntata speciale del programma “Le opere e i giorni” dedicata proprio a questa vicenda.

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