Putin sfrutta le debolezze europee

Svezia e Finlandia hanno appena aderito all’Alleanza atlantica dopo essere state, per decenni, Paesi neutrali. Logicamente la Russia ha iniziato a riposizionare le sue infrastrutture militari nella zona Nord Occidentale del continente.

Sorge a questo punto una domanda. Sfruttando l’incertezza sull’applicazione o meno dell’articolo 5 riguardante la difesa collettiva della Nato, il Cremlino sta preparandosi ad attaccare con le armi nei prossimi anni membri dell’Unione europea, come si dice in giro?

Dopo l’aggravamento della tragedia ucraina nel 2022 è difficile dare una risposta univoca. Storicamente, da dopo il crollo dell’Urss nel 1991, Mosca ha sempre indicato la sua sfera di interesse nello spazio ex sovietico e non oltre. Le tre repubbliche baltiche non vi sono comprese, nonostante, è vero, abbiano fatto parte dell’Urss e laggiù vivano non piccole minoranze russofone. Gli ultranazionalisti guardano semmai alle terre cardine, un tempo facenti parti dell’Impero russo.

In breve: Russia, Bielorussia, Ucraina e Kazakhstan (ossia la Siberia meridionale). Il confine ad ovest è segnato dal Dniestr, alle spalle di Odessa, dove sorge la repubblica della Transnistria, regione separatista della Moldova.

La Russia di Putin non è l’Unione Sovietica. È un Paese in fase calante, con una crisi demografica paurosa, peggiore che da noi; in rapido arretramento economico-industriale; in grave ritardo tecnologico e con poche risorse finanziarie al momento disponibili. Le sue eccellenze sono concentrate soprattutto in campo militare ed energetico (atomico in particolare).

Il problema centrale è che la perdita del mercato europeo per il suo petrolio e gas mina irreparabilmente le sue future possibilità di sviluppo e relega Mosca alla periferia del XXI secolo.

È bene ricordare che la Russia si rispecchia da sempre nell’Europa, di cui fa parte e da cui si differenzia, per giustificare la sua “unicità” e la sua “missione”. Una volta che verrà congelato il conflitto in Ucraina, forse con un “armistizio alla coreana”, Putin o chi per lui sarà costretto alla “normalizzazione£ delle relazioni con l’Ue. Certo, potrebbe continuare per un po’ di tempo la riedizione della Guerra Fredda, ricominciata da Mosca nel 2014. Ma quanto a lungo essa potrà durare?

A meno che l’Ue non leghi la cancellazione delle sanzioni e la “normalizzazione” delle relazioni al ritorno della democrazia in Russia con l’uscita di scena dell’Amministrazione Putin. Militarmente parlando, sono sotto gli occhi di tutti le difficoltà incontrate dalle “seconde Forze armate al mondo” in uno scontro convenzionale contro un esercito, quello ucraino, male armato e poco addestrato.

Figuriamoci cosa succederebbe se i russi dovessero combattere, ad esempio, contro i polacchi, che hanno le terze migliori Forze armate della Nato. È facile da prevedere: articolo 5 o no, se qualcuno toccherà anche uno solo dei Paesi scandinavi o baltici, tutti gli “ex satelliti” del Cremlino ne prenderanno insieme le difese con le armi in mano. Le terribili lezioni del passato hanno lasciato tracce indelebili.

L’Amministrazione Putin non fa altro che sfruttare le debolezze europee e la frammentarietà dell’Ue, che ha comunque creato un polo in grado di fare ombra alla potenza russa.

Ecco perché dal 2014 il Cremlino sostiene qualsiasi gruppo o politico (non importa se di destra o di sinistra) euroscettico. E adesso si sono pure inventati i valori tradizionali! All’Europa tocca riarmarsi.

I venti tempestosi, portati dal ritorno della diplomazia delle grandi potenze, non lascia, purtroppo, scelta.

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